
Massacrato per rapina. I fratelli in silenzio davanti al giudice. Restano in carcere
di Stefano Brogioni
FIRENZE
Sono rimasti in silenzio davanti al giudice Angelo Antonio Pezzuti Matheus e Guillerme Ponciano, Matteo e Guglielmo come li chiamavano ai mercati dove avevano lavorato e dove avevano conosciuto Kiomars Chaikar Safaei, datore di lavoro e vittima di una violenza spietata.
I due fratelli, rispettivamente 19 e 24 anni, sono adesso in carcere con un’accusa pesantissima: quella di aver cagionato la morte del 72enne, dopo averlo rapinato dell’incasso di mercoledì 29 novembre e forse anche di altro denaro che il commerciante di origine iraniane avrebbe potuto nascondere in casa, nell’appartamento al sesto piano di via Francesco De Pinedo 58.
Il giudice ha convalidato il loro fermo, eseguito nella notte tra sabato e domenica, e disposto la misura di custodia cautelare a Sollicciano. Vano il tentativo del loro legale, l’avvocato Stefano Busoni, di ottenere gli arresti domiciliari.
L’indagine lampo della squadra mobile, guidata da Roberto Di Benedetto, in pochissimo tempo ha portato elementi forti a sostegno dell’indagine coordinata dal sostituto procuratore Sandro Cutrignelli e dal procuratore capo Filippo Spiezia.
Un mix di scienza investigativa e tecnica ’vecchio stampo’ che ha portato nel giro di poche ore al fermo dei due brasiliani.
Matteo era un dipendente di Safaei, aveva lavorato al suo fianco fino all’ultimo giorno e il mattino successivo si era recato ad aprire il banco di souvenir alla loggia del Porcellino come se nulla fosse. Il fratello maggiore Guglielmo aveva invece lavorato per un paio di mesi con l’iraniano, ma da alcune settimane era stato licenziato.
Ma più che risentimento verso un uomo buono, sempre pronto ad aiutare tutti a cominciare proprio dai suoi dipendenti, il movente sarebbe stato quello della rapina.
I due brasiliani sarebbero stati a conoscenza delle abitudini dell’iraniano: gran parte dell’incasso della giornata era fatto di denaro contante e non tutti i giorni andava a versare in banca. E così, mercoledì, alla chiusura del banco di souvenir, si sarebbero messi in moto.
I tracciati delle celle telefoniche acquisiti dai poliziotti della ’Omicidi’ descrivono lo spostamento dal centro verso Novoli di Safaei e dei due brasiliani.
Guglielmo avrebbe anticipato la vittima di qualche minuto: la telecamera lo inquadrerebbe mentre con il viso incappucciato e il complice fuori a far da palo, entra nell’androne del palazzo. In mano un sacchetto di tela nero: probabilmente la busta che è stata trovata in testa all’iraniano. Quella che ha contribuito a provocare una lunga ma inesorabile agonia. Safaei, malconcio anche per le botte prese, con i polsi legati dietro alla schiena e il nastro nero sulla bocca e sugli occhi, è spirato per asfissia ad alcune ore di distanza dall’aggressione, avvenuta intorno alle 18.30 di mercoledì.
Nessuno in via De Pinedo ha sentito nulla. Nessuno ha visto i due allontanarsi. Ma le telecamere sì. Forse però, i fratelli brasiliani non avevano progettato di ammazzare. Quando hanno appreso la notizia, però, sono corsi a comprare un biglietto aereo per il Brasile e sabato stavano per partire da Bologna. Ma a volare sono state le indagini.