Ciò che preoccupa di più nei ‘giovani’ di oggi? La mancanza di fiducia nel futuro. Carlo Sorrentino, professore ordinario di sociologia dei processi culturali, non se la sente di condannare in toto una generazione che spesso sale alla ribalta della cronaca per movida molesta, atti vandalici, risse. "Perché – dice – è anche colpa di chi non ha costruito niente per loro".
Professor Sorrentino, come vede il divertimento smodato di alcuni giovani?
"I dati statistici che leggiamo mostrano una generazione disillusa: il 40% non pensa di andare a votare; il 15% non è mai andato alle urne. Un terzo ha posizioni politiche radicali. All’estero non va meglio: l’80% degli under 30 francesi non ha votato alle amministrative. Sono numeri che mostrano un malessere, una rabbia che su alcuni viene canalizzata in alcol, droghe, violenza".
Perché?
"Per una serie di motivi che ha portato alla disillusione. E togliere la fede nel futuro ai giovani è un gravissimo furto. Se manca un progetto, manca qualcosa su cui investire. Mi spaventa l’immagine di una generazione che non vede futuro".
Da dove nasce la disillusione?
"Vivono una schizofrenia determinata da quelli delle nostre generazioni, ossia i genitori degli attuali ventenni. A livello privato sono iperattivi, ipercoccolati. La denatalità ci porta a dare loro eccessive attenzioni: li vezzeggiamo, abbiamo paura che si ammalino o che subiscano sconfitte (dalla partita di calcio al fidanzatino). So dai colleghi delle scuole superiori, che di fronte a una nota disciplinare, i genitori si presentano dal professore con l’avvocato. Ma laddove in casa c’è un eccesso di coccolamento, a livello pubblico sono abbandonati, non abbiamo creato niente per loro e il loro futuro. Si raggiunge un parossismo che porta alla disillusione e all’esigenza di trasgredire".
Sempre più spesso si parla di movida molesta in centro a Firenze.
"Anche in questo la nostra generazione ha una responsabilità. Quando eravamo ragazzi noi, c’era un policentrismo: restavamo nella nostra zona, facevamo gruppo vicino casa. Ora non c’è più. Guardiamo Novoli: la giornata degli universitari si è spostata qui perché il centro era diventato, per affitti e costo della vita, troppo oneroso. Ma quando chiude il polo universitario, chiudono anche i locali: non c’è un luogo dove socializzare, fare musica, stare insieme. I ragazzi convergono verso il centro, tanto più ora che è svuotato dai turisti. Ovunque ci sono locali che vendono alcolici: per questo li troviamo in piazza Santo Spirito o Savonarola con una birra in mano. Dovremmo pensare piuttosto a rivitalizzare le periferie".
Il lockdown in tutto questo quanto ha influito?
"Ha accentuato certe tendenze: più di tutti, hanno sofferto la mancanza di socialità che per loro è stata più schizofrenica. Quando hanno potuto uscire di casa, in alcun casi la tensione accumulata è esplosa in qualcosa di più. Ma se abbiamo sottratto loro spazi e occasioni, non possiamo poi dipingerli male: sono vittime, non carnefici".
Manuela Plastina