TITTI GIULIANI FOTI
Cronaca

‘Cardillac’, noir al Maggio Fiorentino / FOTO

L’opera del 1926 di Hindemith aprirà il 5 prossimo l’81ª edizione

Scenografi al centro della scena in allestimento: ritocchi in attesa del debutto di ‘Cardillac’ al Maggio

Firenze, 1 maggio 2018 - «Ho cercato di spiegare all’orchestra delle cose. Di dire che tutti siamo passati da Bach, autore conosciuto ai più. E questo è come un Bach moderno che non cerca i cori dell’espressionismo, ma la verità delle parole, per una musica che utizza gli strumenti in modo delicato. Una musica al servizio della drammaturgia dell’opera». Fabio Luisi dirigerà dal podio tutta la paura e il desiderio, amore, possesso, ossessione e crimine per questa 81^ edizione del Festival del Maggio Musicale Fiorentino che aprirà con «Cardillac», opera datata 1926 e scritta da Paul Hindemith che segna un duplice debutto a Firenze.

La «prima» del 5 maggio sarà la prima volta infatti per Fabio Luisi in qualità di direttore musicale del Maggio, e anche la prima regia di opera lirica firmata da un bravo, colto e preparato regista teatrale come Valerio Binasco. «E’ l’opera – spiega Luisi – di uno che mette l’importanza della sua arte al di sopra della morale creando lui stesso una morale che esalta il ruolo dell’artista senza indulgenze di tipo romantiche, tuttavia moderne e comprensibili» .

Dunque «Cardillac», opera di una modernità impressionante, inaugurerà il Festival del Maggio Musicale Fiorentino: e la caccia grossa al biglietto è iniziata da un po’. «Cardillac» è la storia di un’ossessione di un artista incapace di staccarsi dalle proprie creazioni arrivando all’emarginazione, all’omicidio e al linciaggio dal pubblico. Hindemith compose l’opera influenzato dai capolavori tragici dell’espressionismo tedesco: le atmosfere cupe e tenebrose di una Parigi in preda a continui omicidi sono facilmente accostabili alle spigolose ambientatazioni in bianco e nero di Das Cabinet des Dr. Caligari, e la stessa pazzia di Cardillac è un delirio dell’esagerazione, oltre la morte.

Ed è ottima l’idea quella di resuscitare un’opera difficilmente rappresentata. Perchè appartiene a un’epoca ricca di fermenti, in cui agiscono personalità come Brecht, Weil, Webern, Schoenberg, Berg e in cui si creano festival come Donaueschingen e Baden Baden e si diffondono correnti antinomiche come l’espressionismo, la scoperta del jazz e la nuova obiettività. Insomma un’epoca di grande subbuglio, al quale il compositore partecipa prima di essere respinto dal nazismo. «Inauguriamo con un’opera difficile ma molto bella – ha detto il sovrintendente Cristiano Chiarot – perchè siamo convinti di aver lavorato bene e di aver costruito un prodotto artistico adeguato a quella che deve essere l’immagine del Festival del Maggio».

E per la storia del geniale orefice dedito alla sua arte, fino alle estreme conseguenze, il regista Binasco ha scelto l’ambientazione in una città moderna e non nella Parigi del Re Sole come nel racconto originario del 1819: «Cercherò nella maniera più onesta – ha spiegato – di raccontare una storia capace di coinvolgere e di attirare la nostra attenzione, come quando si fa teatro o cinema». Binasco, che ha lavorato con i più grandi del teatro italiano, non deluderà: leggerezza, intelligenza in libera circolazione.