L’ultimo mistero. Le foto dei francesi non si trovano più: "Giustizia sconfitta"

Negli scatoloni aperti dalla corte d’assise spuntano alcuni vestiti di Nadine Mauriot e un pezzo della tenda, ma non le 17 immagini richieste dai familiari. La delusione dei legali: "Non ci fermiamo".

L’ultimo mistero. Le foto dei francesi non si trovano più: "Giustizia sconfitta"

L’ultimo mistero. Le foto dei francesi non si trovano più: "Giustizia sconfitta"

di Stefano Brogioni

Un giacchettino di jeans, un maglioncino marca Benetton taglia 46, una camicetta, tutti capi di fattura femminile. Nell’altra scatola, invece, c’era il “catino“ della tenda canadese in cui Nadine Mauriot e il fidanzato Jean Michel Kraveichvili vennero assaliti dal mostro di Firenze. La donna verrà ritrovata dentro quella tenda, straziata con un coltello al seno sinistro e al pube, l’uomo invece gettato nella macchia e coperto dai bidoni abbandonati nella piazzola di Scopeti dove la coppia si era accampata. Ma l’udienza di ieri mattina non serviva a ravvivare l’orrore di quel duplice omicidio del settembre del 1985, l’ultimo di una serie iniziata nel 1968 che ha stroncato 16 giovani vite. Doveva invece restituire un ricordo a famiglie che a distanza di quasi 40 anni cercano un ricordo dei loro cari. Per la precisione una macchina fotografica, i 17 scatti di un momento felice di quella vacanza in Italia, il taccuino in cui Nadine, meticolosissima da conservare ogni scontrino delle proprie spese, annotava impegni e pensieri.

Tutto questo non si trova. Procura e tribunale cercano da mesi quei reperti, richiesti tramite i loro legali - gli avvocati Vieri Adriani, Gaetano Pacchi e Antonio Mazzeo - dalle figlie di Nadine e dalla sorella di Jean Michel. Quelle foto avrebbero un grande valore affettivo, ma l’ultimo tentativo, effettuato davanti a una corte d’assise riunita per l’occasione, non ha dato i risultati sperati. I due scatoloni che potevano contenere i reperti desiderati, avevano al suo internò sì, materiale relativo al delitto dei francesi, ma non la Nikon di Nadine e le relative fotografie, e neanche gli appunti della commerciante di scarpe di Montbeliard.

C’erano indumenti, che ora il tribunale dovrà decidere se restituire ai familiari, e quel pezzo della tenda, evidentemente mai mandato alle analisi genetiche.

Il “catino“ della tenda ha incuriosito gli avvocati Mazzeo e Valter Biscotti, che, con in mano il mandato del nipote di Mario Vanni, Paolo, stanno cercando elementi a supporto della richiesta di revisione del processo a carico del compagno di merende condannato all’ergastolo.

"E’ la copertura interna della tenda e non risulta strappata", dicono i due legali all’uscita dell’aula bunker, stessa location dei tanti processi mostro. Lo fanno notare perché Lotti, teste chiave delle condanne, disse di aver visto Vanni squarciare la tenda con un coltello.

Suggestioni, forse. Quelle che in questa storia avvelenata non mancano mai. Ma che fine hanno fatto i reperti? "Aspettiamo di verificare se, come accennato dal pubblico ministero, dei reperti sono confluiti nel procedimento già iscritto nei confronti di Vigilanti", ha detto Adriani, che auspica che si continui a cercare. C’è un atto di sequestro di Canessa del gennaio 2015: in quell’anno, il genetista Ugo Ricci analizzò la copertura della tenda a caccia del dna e da un cuscino spuntò l’ogiva di un proiettile sparato dal mostro a andato a vuoto. "In ogni caso - conclude Adriani - anche in questa occasione la giustizia non esce vincitrice".

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