Luca, Veronica e la memoria della città

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Gigi

Paoli

Dalla morte di Luca sono passati sedici anni, dalla tragedia di Veronica quattordici. Perciò, alle famiglie dei due ragazzi e a chi ha vissuto quei due processi irti di ostacoli e di interpretazioni giudiziarie quantomeno discutibili (tipo dare il 70% della colpa della caduta a Veronica come accadde in primo grado, una visione doverosamente cancellata nei successivi gradi di giudizio), fa una certa impressione scoprire che il Forte Belvedere riaprel dimezzato. Da un lato potremmo anche dire per fortuna, dato che per ora non sarà di libero accesso al pubblico proprio la parte dei bastioni dove avvennero le due tragedie. Quattordici anni dopo la tragedia di Veronica, al Forte Belvedere si è infatti inaugurata in pompa magna una mostra fotografica, ma alla cerimonia ci si è accorti che si deve ancora attendere la riapertura totale del complesso monumentale perché non ci sono ancora steward sufficienti per la sicurezza del pubblico e la protezione dei bastioni. Il sindaco Nardella si è impegnato a garantire le risorse aggiuntive in grado di pagare gli steward che servono, e questo va a suo merito. Poi però, conoscendolo, siamo certi che la nostra sorpresa sarà stata anche la sua (con un probabile surplus di irritazione) quando si è accorto che la direzione cultura di Palazzo Vecchio aveva stanziato per il Forte Belvedere fondi insufficienti a garantire la sicurezza assoluta del complesso. Come se quello che è accaduto a Luca e Veronica non avesse insegnato nulla. Perché riaprire quel bellissimo angolo di Firenze che è la terrazza del Forte Belvedere senza proteggere i bastioni da dove sono precipitati e morti due giovani, beh, lascia abbastanza stupefatti. Si dirà: ma, rispetto ad allora, sono state collocate delle recinzioni a protezione degli spazi più pericolosi, dove il buio può tradire e nascondere le voragini come effettivamente tradì, nascose e uccise Luca e Veronica. Vero, ci sono. Peccato però che siano state ritenute insufficienti a garantire il massimo e necessario livello di sicurezza. Infine: ho conosciuto personalmente le madri di Luca e Veronica nel corso dei processi sulle morti dei loro figli; ho visto nei loro occhi un dolore che non ha nome, perché non c’è un nome per definire un genitore che perde suo figlio, tanto il dolore è oltre ogni limite e ogni logica. Tutta quella sofferenza, forse, meriterebbe quantomeno una parola, un ricordo di Luca e Veronica, ogniqualvolta il Forte riapre le sue porte. La memoria, come l’amore, fa dei giri immensi e poi ritorna. E a me, veder riaprire il Forte, ha fatto venire in mente solo quei due nomi: Luca e Veronica. Per Angela e Annamaria, mamme dimezzate di quei due ragazzi, la memoria è un pesantissimo fardello che soffoca la loro esistenza. La città ha il dovere di aiutarle a sopportarlo.

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