Lorenzo Orsetti, i genitori: "E' una vergogna processare chi combatte l'Isis"

Intanto il corpo del giovane è stato recuperato ed è custodito in un ospedale nel Kurdistan iracheno

Lorenzo Orsetti, 33 anni, il fiorentino morto in Siria

Lorenzo Orsetti, 33 anni, il fiorentino morto in Siria

Firenze, 20 marzo 2019 - "Non ci dimentichiamo gli altri ragazzi che sono andati a combattere contro l'Isis e sono tornati in Italia e ora vengono processati, riscopriamolo come parte della nostra comunità e del popolo italiano, ed è vergognoso che vengano processati". Lo hanno detto, oggi in Palazzo Vecchio Alessandro e Annalisa, i genitori di Lorenzo Orsetti, il 33enne fiorentino, che combatteva con le milizie curde dell'Ypg, ucciso in Siria da miliziani dell'Isis.

«Ringrazio i miliziani curdi per aver recuperato il corpo di mio figlio con un'azione militare (il corpo di Lorenzo ora è custodito in un ospedale nel Kurdistan iracheno, ndr)», ha aggiunto Alessandro Orsetti. «Lorenzo avrebbe voluto essere sepolto nel cimitero dei martiri curdi, ma ha lasciato a noi la scelta: una scelta che non auguro mai a nessun genitore di dover prendere». 

Il padre di Lorenzo ha comunque fatto capire che il corpo del figlio "potrebbe far ritorno a Firenze". "A me come babbo farebbe piacere tornasse, l'ho accennato a loro, penso non ci sia tanto tempo per decidere, deciderò in giornata. È emotiva la cosa, i corpi dei morti servono ai vivi. Siccome in Siria non credo che avrò occasione di andarci, anche se ci hanno invitato, preferirei avere una tomba su cui piangere qua".

LA TESTIMONIANZA DI MECALIZZI - «Lorenzo l'ho incontrato e fotografato per fargli un'intervista e mi sembrò subito una persona molto umile, che non parlava mai di se stesso, ma sempre degli altri. Era perfettamente consapevole della scelta che aveva fatto, del perché si trovasse lì e non era assolutamente un fissato che andava a combattere, ma un bravissimo ragazzo con degli ideali molto forti, che ha dato la sua vita per una causa più grande di lui; e questo gli fa molto onore». Lo ha detto Gabriele Micalizzi, il fotoreporter ferito in Siria l'11 febbraio scorso, parlando a 'Il Mattino di Radio 1'. «Prima dell'intervista, parlando del più e del meno, vedendo che fumava una pessima sigaretta locale, gliene ho offerta io una italiana, per fargli sentire sapore di casa. Mi ha spiegato perché fosse lì, c'era andato perché credeva di combattere l'Isis, il terrorismo, una minaccia per tutto il mondo. Quindi fare qualcosa per gli altri: questo suo altruismo mi aveva molto colpito. Perché un conto è dirle certe cose, un altro è farle: la vita militare è dura, soprattutto per i curdi, che non sono ben equipaggiati, non è di certo una vita facile. L'immagine del foreign fighters come di qualcuno simile a un mercenario non corrisponde affatto a Lorenzo - ha precisato Micalizzi - perché lui era una persona spinta dagli ideali, ma al contempo molto realista. E non assomigliava affatto ad alcuni personaggi che abbiamo potuto trovare in altre guerre, tipo l'Ucraina. Era una persona con un ideale politico certo, ma quella non era la sua causa, la sua causa era lottare per la libertà. Questo aveva in testa. E penso che lui sia stato dalla parte giusta: combattere contro chi vuole opprimere la libertà e il libero pensiero». 

 

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