Era il lontano 2011 quando, su queste pagine, lanciò un appello affinchè il Governo aiutasse lui e i suoi due connazionali ad uscire dal carcere, affinchè l’Italia non li abbandonasse.
Ma ora per Angelo Malavasi potrebbe arrivare una svolta.
L’imprenditore originario di Mirandola (nel Modenese), 57enne, ma residente a Casalgrande dal 2010 è chiuso nel carcere ‘La Condesa’, a Cuba dopo la condanna a 25 anni per la morte di una dodicenne, avvenuta nell’ambito di un festino a base di droga e sesso a Bayamo.
Infatti un elemento nuovo e importante scagionerebbe l’artigiano: i flussi migratori di quegli anni dimostrerebbero come Malavasi, che al pari degli altri due amici arrestati all’epoca, il fiorentino Simone Pini e Luigi Sartorio, di Vicenza da sempre si dichiara innocente, si trovasse a Panama quel 14 maggio del 2010, quando la bambina, Lillian Ramirez Espinosam perse la vita durante la festa.
L’avvocato del foro di Modena, Verena Corradini annuncia quindi che chiederà un appuntamento al Ministero degli Esteri per capire come poter ‘intervenire’ dall’Italia.
Intanto dalla cella angusta del carcere de La Condesa, l’altro condannato, il fiorentino Pini attraverso una lettera si appella alla premier Giorgia Meloni, gridando la propria innocenza e chiedendo aiuto, per sé e per Malavasi.
Infatti i flussi migratori dimostrerebbero come anche Pini, nei giorni in cui la piccola morì, non era a Cuba. "Oggi ho l’età di 56 anni, ho così trascorso fino a oggi 14 anni e due mesi scomparso dentro un campo di concentramento cubano con delle false infamanti accuse di un assassinio inventato dalle autorità cubane, fatto accaduto in una data dove mi trovavo a Firenze, in Italia, con la mia famiglia natale", ha scritto nella lettera alla Meloni.
Il terzo condannato a 20 anni per il reato di corruzione di minore, Luigi Sartorio è invece nel frattempo rientrato in Italia per questioni di salute.
"Siamo entrati recentemente in possesso dei flussi migratori – spiega l’avvocato Corradini – e dagli stessi emerge una circostanza chiara: Malavasi ha sempre detto la verità; era a Panama e non a Cuba in quei giorni. Il mio assistito ha chiesto a me e ai familiari di prendere contatto a Roma e ci stiamo muovendo per chiedere un incontro al Ministero degli Esteri, per capire cosa si possa fare in Italia. Anche in passato andai al Ministero per cercare di capire come intervenite e anche Pini, ora, ha chiesto un interessamento del Governo Italiano visto che risulta dalle carte che non hanno mentito".
In sostanza la speranza di Malavasi e Pini è che vi sia un interessamento del Governo Italiano, affinchè possa essere fatta ‘pressione’ su quello cubano dal momento che i nostri connazionali sarebbero rinchiusi da anni pur essendo innocenti.
"Lo stesso consolato italiano a Cuba ha reso noto al signor Malavasi di quanto emerso dai flussi migratori – conclude l’avvocato difensore Verena Corradini – quando però chiedemmo all’epoca di consultarli, non ci fu permesso (Grazie a una riforma della Costituzione cubana, enrata in vigore nel 2022, ogni cittadino ha diritto ad accedere ai propri dati personali), ma ora che li abbiamo ottenuti possiamo dire con certezza che Malavasi in quei giorni non era a Cuba. Il mio assistito non intende chiedere una revisione del processo a Cuba, poiché non porterebbe da nessuna parte".
L’inizio dell’incubo, per i due italiani arriva nel maggio 2010 a Bayamo, 220mila abitanti nel sud dell’isola, quando morì a soli 12 anni Lilian Ramirez Espinosa.
La ragazzina soffriva di una grave forma d’asma, nel corso di una festa con adulti italiani e cubani, dove girava anche droga, si sentì male.
Ma anziché venir soccorsa, venne caricata in un’auto e abbandonata in un campo, dove venne trovata giorni dopo ormai priva di vita. Dopo qualche settimana, la polizia fece una retata: oltre ad alcuni cubani, finirono dentro i tre italiani.
"Eccellentissima on. Presidente – ha scritto in questi giorni Pini, rivolgendosi alla premier Giorgia Meloni – ora ho le prove della mia innocenza". Pini, con le poche forze che gli sono rimaste ha scritto di suo pugno tre pagine intrise di disperazione, ma anche di speranza per lui e per il suo compagno di prigionia, Malavasi nella speranza che l’Italia non li abbandoni.
Stefano Brogioni
Valentina Reggiani