Le tappe dal 2020 ad oggi. Il fallimento Mercafir e l’imbuto sullo stadio B

L’area del mercato ortofrutticolo non convinse Commisso: da lì l’appello per un terreno. Svolta nel 2021, Nardella annuncia: "Il Franchi lo rifacciamo noi". Ma il club è distante.

Le tappe dal 2020 ad oggi. Il fallimento Mercafir e l’imbuto sullo stadio B

Le tappe dal 2020 ad oggi. Il fallimento Mercafir e l’imbuto sullo stadio B

di Stefano Brogioni

FIRENZE

"Chi ha terreni da vendere si faccia avanti", tuonò Rocco Commisso, mentre, davanti a costi imprevisti e poco "total control", stava fallendo l’operazione Mercafir. Era il febbraio del 2020 e alcuni mesi prima, lo stesso Commisso aveva prima opzionato, poi acquistato, i 25 ettari a Bagno a Ripoli su cui oggi sorge il centro sportivo più grande d’Italia.

Lo spazio del mercato ortofrutticolo era l’area urbanisticamente dedicata, dalla giunta Nardella, al nuovo stadio. Ma la formula con cui la Fiorentina avrebbe dovuto entrare in possesso del terreno su cui costruire il proprio impianto, non convinse il patron viola.

Dunque nulla di fatto. E, per inciso, anche il mercato ortofrutticolo non è stato trasferito, come l’operazione Mercafir prevedeva.

Ci furono mesi in cui i terreni per il nuovo stadio spuntavano come funghi. Ma nessuno, dalla caserma Perotti all’appezzamento di Campi Bisenzio, pareva però adatto.

Iniziarono i dialoghi per il rifacimento del Franchi. Tra alti e bassi. Ma forse, l’operazione Mercafir, aveva aperto le prime crepe nel rapporto fra Palazzo Vecchio e il club. Quelle che oggi sono diventate fratture.

I campanelli d’allarme c’erano tutti: la manifestazione con le ruspe al Franchi del giugno del 2020 parlava chiaro. E Rocco, di comparticipare alla spesa per un impianto non suo, non è mai stato convinto.

Ma abbattere il Franchi per costruirci sopra un nuovo stadio non è possibile. L’opera del Nervi è tutelata. Anche se la bellezza delle scale eloicodali o la simbolicità della torre di Maratona divisero (e dividono) il popolo e stuzzicarono l’immancabile vernacolare ironia, il Ministero dei beni culturali, il 15 gennaio del 2021, fu categorico: il Franchi non si può abbattere.

Però, comunicò ancora il Mibact, qualche intervento sulla struttura esistente si può fare, salvando quegli elementi caratteristici.

E così, Nardella fece passare qualche giorno e il lunedì successivo, sorprese tutti con un annuncio. "Lo stadio lo rifacciamo noi".

Snocciolò l’idea e i suoi tempi: concorso internazionale rivolto agli archistar di tutto il mondo, accesso a ogni finanziamento possibile perché "dal punto di vista economico non peseremo di un euro sui cittadini rispetto a quanto già il Comune spende oggi per il Franchi", "assegnazione entro il 2023, per far iniziare i lavori entro la fine del mandato".

Nel marzo del 2022 venne svelato il progetto vincitore: è quello dello studio Arup, che alle fine dello scorso settembre ha consegnato il progetto esecutivo.

Nel frattempo, Palazzo Vecchio aveva trovato 150 milioni pubblici per fare l’opera, anche se ne ha persi 50 del Pnrr, bocciati dall’Europa.

Ma mentre si sognava uno stadio da Europeo 2032, e la concessione tra Palazzo Vecchio e Fiorentina s’interrompeva per il biennio 2024-2026 per i lavori, la squadra si è ritrovata senza un terreno di gioco. E senza più un dialogo tra amministrazione e proprietà. Persa la sintonia che si respirava lo scorso marzo: "Abbiamo messo a punto a tutto, la Fiorentina giocherà fuori dal Franchi per due stagioni", rassicurava Nardella. E’ cominciato un dibattito sullo stadio sostitutivo, dalla scuola marescialli fino a Empoli. Il resto è cronaca di un muro contro muro.