
Le acque del Fosso Reale si sono ritirate dal piccolo centro storico di San Piero a Ponti lungo la Pistoiese. Ieri mattina rimanevano, nelle vie ai margini alcune strade con ampie pozze, alcuni giardini e cortili ancora allagati. Nei seminterrati e nei garage si continua a pompare via acqua, si spala fango da case e negozi, ai piani terra la conta dei danni è appena all’inizio. La natura matrigna nei giorni scorsi ha devastato la frazione divisa tra Campi e Signa, oggi ci mette del suo per aiutare gli alluvionati: il sole è tornato a splendere, il vento devastante è diventato un moderato libeccio utile ad asciugare la mobilia e le suppellettili tolte dalle case e accatastate in corti e marciapiedi.
Se sabato la forza distruttrice del fiume era in parte celata dal lago di acqua, carburanti e schiume che arrivava oltre l’angolo con via Giordano Bruno, ora il cataclisma si svela a nudo: automobili ammaccate, cofani motore aperti che mostrano collettori irrimediabilmente incrostati di fango, cataste di arredi, oggetti, ricordi in attesa dei camion di Alia. Si continua a lavorare senza sosta, a leccarsi le ferite, tra voglia di ripartire, speranza e senso di abbandono.
E c’è chi si trova al contempo vittima e salvatore, come il paradossale caso delle Effe Spurghi di via Cresci, da quattro giorni impegnata a pompare fanghi: "Abbiamo perso tutto il mobilio, il computer, i documenti – spiegano Silvia, Andrea e Renza – Ma stiamo lavorando no stop da venerdì a fianco della protezione civile a Campi con i nostri mezzi. Qui invece non ci hanno fatto passare con i nostri camion i primi giorni, perciò non potevamo aspirare. Questa frazione è a cavallo tra due comuni: mentre quello di Signa lo abbiamo visto presente, sul lato opposto, di quello di Campi non si è visto nessuno".
Emerge però tanta solidarietà dal basso tra la gente: i volontari delle associazioni di misericordie, pubblica assistenza e protezione civile, associazioni di ogni sorta, ma anche chi è partito dalla parte opposta della provincia armato di pale e scope bussando alle porte. Tanti sono giovani della generazione Z. Come Camilla e Jenny, 28 e 26 anni, che si sono alzate all’alba per venire qui ad aiutare prima di una già di per sé dura giornata di lavoro.
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