NICCOLO' GRAMIGNI
NICCOLO' GRAMIGNI
Cronaca

L’attacco dell’ex cappellano: "Su Sollicciano solo chiacchiere"

Don Vincenzo Russo dà ragione al garante toscano dei detenuti Giuseppe Fanfani "Il consiglio comunale vuole affrontare il problema? Lo faccia con i fatti e il prima possibile".

Don Vincenzo Russo, già cappellano di Sollicciano (foto d’archivio)

Don Vincenzo Russo, già cappellano di Sollicciano (foto d’archivio)

Il garante toscano dei detenuti Giuseppe Fanfani ha ragione. La politica è inerte. Se questa inerzia prosegue, se nessuno si prende l’onere di sporcarsi le mani in un’azione che non produce consenso e voti in prima battuta ma può portare alla risoluzione del problema, allora continuerà il succedersi dei proclami e lo scaricamento delle responsabilità, mentre dentro le celle di una dimenticata periferia di Sollicciano si continuerà a morire". Sul carcere di Sollicciano continuano gli attacchi alla politica, oltre i partiti e gli schieramenti: l’ultimo arriva da Don Vincenzo Russo, già cappellano di Sollicciano.

Lei ritiene condivisibili le parole di Fanfani, quindi di azioni concrete nell’ultimo periodo non ne ha viste.

"È così. Il carcere è questione che facilmente è oggetto di incoraggianti dichiarazioni ma quasi mai di azioni concrete e di interventi veri conseguenti alle parole pronunciate. Manca davvero, ha ragione il garante regionale, il vento di una volontà politica vera di promuovere il cambiamento a Sollicciano e più in generale nelle carceri".

Si aspettava di più dalla politica fiorentina?

"La mia è una critica. Giro la città e vedo sempre lo stesso atteggiamento. Non ho visto dalla sindaca Funaro interventi chiari e precisi sulle condizioni dentro la struttura. E poi il problema nasce dentro la città, i detenuti prima vivevano la città e le dinamiche sono le stesse".

Cosa intende nel dettaglio?

"Oggi a Firenze ci sono due complicazioni. Dilaga il problema della droga e su questo non vedo politiche in grado di contrastare questo fenomeno altamente pericoloso per la convivenza civile. Lo sbandamento della città porta poi una lacerazione delle capacità mentali. Rispetto a tutto ciò non vi sono opportune iniziative di contrasto e di cura: le risposte date dalle istituzioni comunali sono timide. Ci sono tre fasi: vita in città, vita in carcere e la fase della restituzione cioè del ritorno in città. Questo percorso è tutto da rivedere: la città va curata, così come un carcere".

Serve un Consiglio comunale dentro il carcere?

"Non serve a niente. Servono i fatti. Molti anni fa portai il Consiglio comunale in carcere, all’epoca c’era il ministro Orlando. Fu un flop incredibile, solo chiacchiere. Il Consiglio vuole affrontare il problema? Lo faccia con i fatti".

Niccolò Gramigni