
Ci sono voluti anni di ricerca appassionata per colmare i trent’anni di buio nella vita di Pietro Piffetti, il celebre Ebanista di Casa Savoia considerato il più grande del Settecento, e scoprire, senza stupirsi, che Firenze e la Toscana ne sono stati parte importante. Una scoperta attesa da studiosi e appassionati di alta ebanisteria arrivato dal lavoro minuzioso dell’architetto piemontese Claudio Cagliero, già autore di un testo importante sull’ebanista di corte Luigi Prinotto e che oggi ne pubblica i risultati nel volume "La formazione giovanile di Pietro Piffetti, Regio Ebanista alla corte dei Savoia", edito dalla Hever di Ivrea.
I mobili prodigiosi realizzati da Piffetti sono conosciuti a livello internazionale, ma finora non si sapeva quasi nulla della sua formazione artistica. Nato a Torino nel 1701 sembra riemergere dal nulla nel 1730, a Roma, quando viene richiamato in Piemonte da Carlo Emanuele III come Ebanista di Sua Maestà. "Bisognava guardare al Granducato di Toscana – spiega Claudio Cagliero – era già stato sottolineato che nelle prime opere di Piffetti le influenze dell’ebanisteria franco-fiamminga trapiantata a Firenze sono fortissime. Il maestro di Piffetti a Roma è stato infatti Richard Lebrun, ebanista parigino noto in Italia con il nome di Riccardo Bruni, giunto in Toscana tra il 1683 ed il 1684 dove alla corte dei Medici ha conquistato il favore del Gran Principe Ferdinando, raffinato ed esigente mecenate. Lebrun è documentato a Firenze, Lucca e Pisa. E a Roma. Dall’indagine sono emersi molti documenti inediti e di grande rilevanza, tanto che è stato possibile tracciare una prima biografia dell’intarsiatore e riunire un corpus di arredi riconducibili alla sua mano".
Lo studio di Claudio Cagliero riesce a fare chiarezza sulla paternità di alcune opere, tra cui due celebri tavoli conservati nella villa medicea La Petraia di Firenze. "Adesso si hanno le prove che sono stati realizzati da Richard Lebrun – rivela il ricercatore– Siamo al cospetto di un grande maestro che deve ottenere il riconoscimento che merita nel panorama ebanistico internazionale. Come affermato da Alvar Gonzalez-Palacios, forse il più noto esperto di arti decorative al mondo, i due tavoli de "La Petraia" sono stati realizzati con una maestria insuperata nel mobile europeo del periodo. Lebrun li ha realizzati quando aveva 27 anni, ma era già in grado di reggere il confronto con i migliori intarsiatori del Vecchio Continente". La Toscana insomma può rivendicare il merito della crescita di un grande artista dell’ebanisteria. "L’intarsiatore Richard Lebrun – conclude Cagliero – era lo zio del lucchese Giovanni Domenico Campiglia, uno dei più importanti calcografi del Settecento, attivo tra Firenze e Roma. La vicinanza agli stampatori ed agli incisori nell’orbita di Campiglia apre nuovi spiragli di ricerca sulla vasta cultura di Piffetti".
La ricerca esplora un passato affatto remoto per la Toscana. Le prime notizie sull’Arte dei Legnaiuoli registrate presso l’Archivio di Stato di Firenze risalgono al 1290. Oggi da San Casciano Val di Pesa a Signa, da Certaldo alle colline di Pontassieve fino al centro storico è un brulicare di botteghe e piccole aziende familiari che mantengono intatti valori, passione, memorie, incorporandole a nuove suggestioni e impulsi creativi che tracciano il futuro di un mestiere che ha nell’arte la sua essenza.
Emanuela Rosi