REDAZIONE FIRENZE

La sinistra rosè di Matteo, Luca e Maria Elena: 15 anni da rottamatori. Amici poi nemici

Le alterne fortune dei tre rampolli d’oro della politica. L’alleanza tra Renzi e Lotti, ex ’ragazzini’ terribili in Provincia, e l’ascesa della Boschi

di Emanuele Baldi

"Permesso Matteo?". "Vieni, vieni, Luchino". "Ecco i caffè, sono bollenti". Lo chiamavano il ’Lampadina’ per via della chioma giallo sole, aveva 23 anni, l’intuito preventivo del ragazzo scafato di provincia urbana, l’astuzia silenziosa del tessitore di tele che sa, da boy democristiano di Azione Cattolica, che per macinare consensi bianchi in terra rossa fuoco devi limare, smussare, azzardare ma con il freno a meno pronto a inchiodare. Agire sottotraccia.

E’ il dicembre 2005 e Luca Lotti da Samminiatello, consigliere comunale della Margherita a Montelupo e centrocampista solido d’Eccellenza, s’è appena messo in tasca un contratto di collaborazione in Provincia. Sulla poltrona più importante di Palazzo Medici Riccardi siede un giovane predestinato. Matteo Renzi. Da Rignano.

Trent’anni, ciuffone castano da prete di paese e una serie di giacche scomposte e demodé (verranno poi i giubbotti di pelle nera e l’occhiale a specchio penzoloni in bocca). A Matteo quel Luca piace subito da morire. Un fratello minore con la stessa arguzia e la medesima fame.

Matteo lo svezza, lo instrada. Luca assorbe come un panno sull’acqua, salva numeri preziosi sulla rubrica e – quando Renzi non lo chiama d’urgenza per portargli il panino con la Nutella – inizia a ’politicare’ nei corridoi. Che la strada imboccata dai due ’baby prodigi’ della sinistra ’rosè’ fiorentina (ignorata, che errore!, dagli allora monolitici Ds) fosse giusta fu chiaro a molti. Che quei due sarebbero diventati, in nemmeno dieci anni, uno presidente del Consiglio a tavola con Obama e l’altro sottosegretario e poi ministro dello Sport, nessuno l’avrebbe detto.

Matteo e Luca. L’uno funzionale all’altro. Renzi a Lotti che ha bisogno di ritagliarsi un ruolo suo, Lotti a Renzi che per scalare l’Everest della politica italiana ha bisogno di un vispo e fedele Cardinale Richelieu. Crescono, crescono e crescono ancora. Primavera 2009. Renzi si sbarazza del favoritissimo ex maestro Lapo Pistelli alle primarie per la corsa a sindaco, poi a giugno dà 20 punti di distacco al ballottaggio al civico Giovanni Galli, ex gloria viola, e agguanta la poltrona di sindaco, "il mestiere più bello del mondo" s’affrettò a dire. E disse anche ai fiorentini "A Roma? Non ci andrò mai". Non andò proprio così ma è acqua passata. Intanto la ’Lampadina’ Lotti fa sempre più luce, diventa capo di Gabinetto e continua, da scudiero, a tessere tele. L’uno funzionale all’altro, sì. Ma anche amici. Di pallone, di filetto e patatine da Lino in via Santa Elisabetta, di canzoni pop alla radio. Ma in scena sta per entrare una terza attrice, che diventerà il gemoglio più lucente del Giglio magico. È un’avvocatessa, viene da Laterina, paesotto tranquillo dell’Aretino dove ha fatto la chierichetta e poi la catechista. Si chiama Maria Elena Boschi, dell’82, la ’battezza’ il fido Francesco Bonifazi. Ci sa fare, mastica politica, ha carisma, viso d’angelo, vuole arrivare.

E così a Renzi – e ai renziani – inevitabilmente piace assai nonostante nel 2009 sia stata portavoce dei comitati a sostegno della candidatura del dalemiano Michele Ventura. La Boschi diventa consigliera giuridica di Renzi – che nel frattempo ha inaugurato la stagione delle Leopolde invocando ’rottamazioni’ della vecchia politica diessina e si è preso pure la poltrona di segretario del Pd – e inizia a scalare anche lei.

È la primavera del 2014 quando il Giglio Magico sboccia con tutta la potenza e diventa il fiore del potere italiano. Renzi con il motore che gira a mille sorpassa tutti curva dopo curva e – appena sente che i pistoni romani si stanno inceppando – dice al premier in picchiata Enrico Letta di "stare sereno" e poi schiaccia il pedale al massimo e riceve l’incarico di formare il nuovo governo. È il trionfo del ragazzo d’oro di Rignano. Mentre in Italia spuntano renziani ovunque, la Boschi diventa ministro delle Riforme, Lotti sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Bonifazi tesoriere del Pd. A Palazzo Chigi la C aspirata va di moda come il Ciclone di Pieraccioni nel 1996 e Renzi fa e disfa. La Boschi e Lotti, che inizia a fare il ’sottomarino’ di Palazzo Chigi e diventa confidente di ogni big, crescono ancora ma cominciano pure a non sopportarsi granché. Renzi si limita a gestire i ’problemucci’ e continua l’ascesa. Ma i cocci di vetro sotto i suoi piedi sono in agguato. Alla fine del 2015 scoppia il caso Banca Etruria, tra il premier e la Boschi i nervi iniziano a tendersi. Renzi non molla ma nel 2016 perde il referendum e sbatte contro il muro. I renziani si sfaldano, vivacchiano, ognuno inizia a correre per conto suo nonostante una formale intesa che perde però le sue maschere quando Renzi prima non si straccia le vesti per difendere pubblicamente Luca finito nel frullatore Consip e poi, con Boschi e Bonifazi, strappa e fonda Italia Viva prendendo la strada opposta di Luca che si batte per l’unità del Pd. Nessun veleno pubblico ("Non parlerò mai male di Luca"), tanti siluri silenziosi. Ma d’altronde questa è sempre stata una storia sottotraccia.