
Una sostanza sui rubinetti delle camere occupate dalle famiglie dei parenti di Kata. Un borsone e due valigie, che escono dall’hotel Astor nello stesso pomeriggio in cui la bambina scompare. E, soprattutto, cinque indagati per sequestro di persona: tra questi, spiccano i due zii della piccola peruviana dai tratti bruni, che tutti cercano, non soltanto in Italia. Quello materno, Abel Argenis Alvarez Vasquez, 29 anni, arrestato lo scorso 5 agosto per l’inchiesta sul racket delle camere, e quello paterno, Marlon Edgar Chicclo Romero, 19 anni. Sono le ultime persone che hanno custodito la bambina nel giorno in cui si perdono le sue tracce. Poi, gli avvisi di garanzia sono stati recapitati ad altri occupanti dell’Astor: due cugine peruviane e un romeno.
È la svolta nell’inchiesta? Di sicuro è una scossa tra le tante piste che in più di novanta giorni di indagini incessanti, si sono intrecciate in una storia che è sempre più un rompicapo. "Sono sempre con l’ansia di sapere cosa è successo a mia figlia. Spero solo che tirino fuori qualcosa che possa riportarmi mia figlia. Mi auguro tanto che ciò sia una svolta per le indagini", dice Katherine, la madre della piccola. I pm sono arrivati fino a chiedere una rogatoria per interrogare persone in Perù, ma è sempre l’albergo occupato, dove Kata viveva con la mamma (il giorno della sua scomparsa il padre Miguel Angel era detenuto), che pare nascondere ancora misteri. Così, mentre a breve si tornerà dentro l’edificio, sgomberato il 17 giugno, per cercare tracce della piccola, magari da concatenare agli ultimi sviluppi, ecco che dalla “casa“ di Kata emergono elementi che sembrano indirizzare in una direzione l’indagine: e cioè che, dentro l’Astor, alla bimba possa essere successo qualcosa.
Dove? L’attenzione è concentrata su tra camere: la stanza 104, la 201 e la 203. La 104 si trova al pian terreno dell’ex albergo, ed è la camera dove "alloggiava la bambina nei giorni prima della sua scomparsa". Al primo piano stanno le altre due stanze dell’ampia famiglia della bimba. In questi tre locali, nella prima perquisizione effettuata alcune ore dopo la denuncia di scomparsa, la scientifica dei carabinieri ha ricavato tre tamponi di "presunta sostanza ematica" dai rubinetti dei lavabi. Poi, nel giorno dello sgombero, la procura ne ha approfittato per sequestrare un borsone e due trolley che, per le loro dimensioni, avrebbero potuto ospitare la bambina nascosta.
Si tratta di un borsone celeste, trovato nella disponibilità di un rumeno di 29 anni e di due trolley anch’essi celesti delle due sudamericane di 31 e 26 anni. Dalla visione delle telecamere puntate sull’uscita di via Boccherini, è emerso che le tre persone, in momenti diversi, nel giorno in cui scompare Kata, escono (e poi tornano) con questi bagagli in mano. Lunedì prossimo, il pm della Dda Christine Von Borries, titolare del fascicolo con i colleghi Luca Tescaroli e Giuseppe Ledda, affiderà al genetista Ugo Ricci - lo stesso che ha analizzato i reperti dei delitti del mostro di Firenze - l’incarico di cercare il Dna di Kata in quella sostanza presente nei lavandini e nelle tre valigie.
Forse è solo un tentativo (che per legge deve essere compiuto con un atto garantito), forse per la prima volta dopo tre mesi l’indagine ha acquisito una sua identità. Che pare però lontana dalla ritorsione per la “guerra“ per la gestione delle stanze e anche dall’ipotesi di uno scambio di persona. Come emerge dalle carte, i due zii (assieme al nonno paterno Adelfo, non indagato) il 10 giugno “gestiscono“ la nipotina, tra la colazione e il pranzo. "Ho visto Kata per l’ultima volta alle 13.30: le ho lanciato una lattina di coca cola dal terrazzo e poi mi sono messo a giocare con il telefono in stanza e poi a dormire", ha detto Marlon Edgar agli inquirenti. Ieri, dalla foresteria dove vive dopo lo sgombero, ha respinto tutte le accuse.
L’ultima immagine di Kata è delle 15.13: sta scendendo le scale esterne dell’edificio, diretta verso il cortile o il piano terra. Poi il buio. L’improvvisa accelerata all’inchiesta arriva anche mentre i giudici del tribunale del Riesame devono decidere della scarcerazione dello zio Abel, uno dei quattro indagati per l’inchiesta sulle presunte estorsioni culminate nel tentato omicidio di un occupante ecuadoregno, che la notte del 28 maggio si gettò dalla finestra per sfuggire a una spedizione punitiva di chi, secondo le accuse, voleva cacciarlo dall’Astor. Il loro legale, Elisa Baldocci, attende la risposta entro domani.