La scia di sangue su quei crinali che non perdonano

Tante le vittime cadute nelle scarpate apuane negli ultimi anni. L’altolà degli esperti

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Una lunga scia di sangue e dolore è il tributo che si paga alle Alpi Apuane. Tante le vittime della montagna considerata "traditrice" anche da alpinisti preparati e che gli esperti consigliano di affrontare con cautela. Nel 2009 Lorenzo Banci, 28enne fiorentino residente a Signa, scivolò dalla vetta del Corchia e non ebbe scampo. Nel giugno del 2013 morì l’escursionista fiorentino Giuseppe Vallelonga, elettricista di 32 anni, caduto in un crepaccio sulla dorsale Pizzo dell’Uccello. Insieme ai due fratelli e a due amici aveva deciso di scalare la parete sud. L’uomo aveva deciso di staccarsi dal gruppo con cui aveva raggiunto la vetta a 1.700 metri e di togliersi l’abbigliamento tecnico, scarpe comprese. "Sono caduto perdo molto sangue", fu la drammatica richiesta di aiuto che purtroppo non bastò a salvarlo.

Nel maggio 2020 Filippo Bitossi, 56 anni, originario di Montelupo Fiorentino, morì per i traumi riportati a seguito di una caduta dalla cresta del Monte Cavallo a 1895 metri. Vani risultarono i tentativi di soccorso e il trasporto verso l’ospedale di Cisanello. Appena quattro mesi prima, nel gennaio 2020, una coppia era precipitata nel corso di un’arrampicata ed era deceduta.

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