di Giovanni Bogani
Firenze racchiude storie infinite, affascinanti, imprevedibili. Come quella di Sante Vannini, finito nel Guinness dei primati per un record unico al mondo, e capace di scrivere, a neanche vent’anni, una delle pagine più drammatiche della Resistenza. Ha appena 19 anni, Sante, quando Firenze è divisa in due, fra gli Alleati e i tedeschi. Ma il problema più tragico sono quei cannoni nascosti nei boschi. A Vittorio Sorani, comandante partigiano, Sante dice: "Li trovo io". E s’incammina sopra Fiesole. Come arma, ha solo un bracciale della Croce rossa. Quando i tedeschi lo fermano, dice che è un infermiere. Lo lasciano andare. Poi nella zona dei Bosconi li vede: otto cannoni.
Cerca di mantenersi calmo: scende giù da San Domenico, arriva a Campo di Marte. Lì, davanti al Mulino Biondi, che oggi non c’è più, assiste a un’altra scena di quella mattanza che è stata la battaglia per la Liberazione di Firenze. Ci sono dei corpi insanguinati, in strada. Ma nessuno li può soccorrere, perché un cecchino sta sparando, con un mitra, da qualche finestra. Quei feriti, nessuno li può salvare. Sante non ci pensa un attimo. "Ci vado io". Sale le scale del mulino. Arriva in cima. Intravede il cecchino e in un secondo gli è addosso. L’altro non fa in tempo a reagire: è un ragazzo anche lui e chiede che gli sia risparmiata la vita. Sante esce dal mulino, spinge avanti il prigioniero. E lo difende dai fiorentini inferociti che lo vogliono linciare. E’ una questione di lealtà, un prigioniero non si tocca.
Torna al Girone, dove c’è il comando alleato. Viene decisa la missione aerea di ricognizione. "Lei deve salire sull’aereo e indicare le posizioni esatte dei cannoni", gli dice l’ufficiale. "Non ero mai salito su un aereo", confessa Sante. Ma salta su un minuscolo biposto, insieme a un pilota britannico. Volano sopra Fiesole, e Sante gli mostra dove sono nascosti i cannoni tedeschi. Per il suo coraggio, il partigiano Sante Vannini riceve la Croce di ferro dell’esercito italiano e una menzione dalle mani del generale Alexander, capo dell’esercito alleato in Italia. Ma l’impresa più difficile, Sante deve ancora compierla.
Qui, come in tutte le altre città del dopoguerra, c’è voglia di rinascere. C’è una frase di Francesco Guccini che descrive bene quei momenti: c’era "una voglia di ballare che faceva luce". In quella voglia di ballare che faceva luce, Sante comincia a suonare il piano. E’ bravo e un giorno, Natale 1955, sfida il record mondiale di resistenza al pianoforte. Era di un militare canadese, il caporale Donald Bird, capace di suonare per 48 ore. Lui si prefigge di suonare un’ora e un minuto in più. Senza mangiare né bere, solo caffè nero succhiato da una cannuccia, suonando swing e bossa nova, tanghi e boogie woogie, senza smettere mai. Come se quel circolo in via de’ Pucci fosse diventato il Rick’s Bar di Humphrey Bogart in "Casablanca". Suonala ancora, Sam. Suona tutta la notte della vigilia, e poi Natale e tutto Santo Stefano. Ogni tanto vengono i cronisti de La "Nazione", dalla vicina via Ricasoli, dove è la sede del quotidiano, all’epoca. Sante suona. Per 49 ore e un minuto, senza fermarsi mai. Record del mondo. Finirà nel Guinness dei primati e in una domanda della Settimana Enigmistica.