Gurrieri
Verso la fine degli scorsi anni Ottanta, sulle pagine de La Nazione, la città si interrogava sul suo futuro, avvertendo le prime pericolose ferite di un crescente e incontrastato turismo. Con la sua polemica e pungente ironia, Giovanni Klaus Koenig, apprezzato docente di Storia dell’Architettura e del Design del nostro Ateneo (nonché collaboratore di questo giornale) ebbe a scrivere che "da lì a pochi anni Firenze avrebbe dovuto introdurre il numero chiuso per i turisti,
chiudendo il suo centro storico e magari introducendo un ticket d’ingresso". Mentre era chiaro come organizzare il controllo a Porta San Frediano, Porta a Prato, Porta Romana e San Giorgio al Forte di Belvedere, restava indeterminato come risolvere i presìdi altrove, a costituire materia da studiare. In
quell’occasione non mancò di far notare che anche altri centri prestigiosi ancorché più piccoli, come Siena, San Gimignano e Pienza, avrebbero dovuto affrontare lo stesso problema. Ricordando come – aggiungeva – Venezia sarebbe
stata in ciò avvantaggiata per il fatto di avere un filtro naturale fra il piazzale Roma e la Stazione di Santa Lucia. Il problema fu inizialmente avvertito nelle giunte di Alessandro Bonsanti e Lando Conti, poi progressivamente ripreso nella giunta Bogianckino. Ebbene, lo scorso 25 aprile, proprio Venezia, "la più bella e
fragile città del mondo", ha introdotto il ticket di cinque euro perché, come ha
detto il suo sindaco "bisognava fare qualcosa per regolare il turismo perché il
gioiello va preservato". Firenze che, in quanto a bellezza e fragilità non è seconda a nessuno, è nelle stesse condizioni della città dei dogi. L’iperturismo concentrato nella città intramurale la farà morire di congestione,
dolorosa e irreversibile, nonostante la prestigiosa connotazione d’esser
patrimonio Unesco. Dunque Koenig è stato buon profeta.
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