
di Manuela Plastina
TAVARNUZZE (Impruneta)
"Un fulmine a ciel sereno. Andavano d’accordo, era un pomeriggio tranquillo. Mai avrei potuto immaginare una cosa del genere". L’operatrice che si trovava a lavoro all’interno di Villa Monticini quando è avvenuta la tragedia, entra ed esce dalla struttura insieme ai carabinieri. Non riesce a credere a quanto ha visto coi suoi occhi, a quanto avvenuto tra due persone che, dice, non avevano mai avuto screzi, ospiti della struttura gestita dalla Fondazione Solidarietà Caritas Firenze da quasi due anni.
È successo tutto all’improvviso, mentre l’operatrice stava svolgendo beghe burocratiche. Dei 10 ospiti afgani, 8 erano al lavoro in supermercati, consegne e ristoranti. C’erano solo altre due persone nello stabile, accolte temporaneamente per l’emergenza abitativa. L’operatrice racconta quello a cui ha assistito ai carabinieri, ma quando esce per strada, ha il pensiero fisso sul tanto sangue sul pavimento della stanza teatro del delitto, si preoccupa per il destino degli altri ospiti: "Dove andranno a dormire? Le altre stanze erano chiuse a chiave, ma come facciamo?" Suggerisce ai colleghi: "Pensiamo cosa dare loro da mangiare: saranno affamati al rientro dal lavoro". Il presidente della Fondazione Vincenzo Lucchetti è sconvolto. "Proprio con Arif nell’agosto del 2022 avevamo organizzato un evento pubblico per presentare i suoi video. Era anche un attore e regista (pluripremiato) ma soprattutto una brava persona che lottava per i diritti, in particolare quelli negati alle donne dal regime talebano. Conosciamo anche la sorella di Farhad, profuga accolta a Firenze: dobbiamo pensare anche a lei. Ora prevalgono dolore e sgomento".
Pietro è stato un testimone oculare della seconda parte della tragedia. "Stavo camminando sul marciapiede quando ho notato due ambulanze e sentito delle urla. Ho notato quest’uomo sul terrazzino: ha cominciato a tagliarsi la gola e dopo due, tre volte è iniziato a zampillare il sangue copioso. Mi sono messo sotto l’edificio, ho urlato chiedendo di fermarsi, di non farlo. Poi ha iniziato a barcollare, si è appoggiato alla balaustra. E si è lanciato volontariamente giù, finendo vicino a me. È durato tutto pochi minuti, è stato terribile". Mentre gli investigatori analizzano la scena del crimine i cittadini che abitano sulla Cassia si affacciano alle finestre, increduli di quanto avvenuto in quello stabile nel cuore della frazione di Impruneta, dove dieci anni fa sono arrivati i primi profughi. Ma dopo un iniziale timore, come di fronte a ogni cambiamento, sono stati accolti. Ne sono passati tanti da qui. Qualcuno si è messo a servizio della comunità come volontario, tutti hanno fatto corsi di formazione professionale e di lingua. C’è chi è stato assunto dalle famiglie e aziende del luogo. Ora regna l’incredulità: "Mai avremmo potuto immaginare una tragedia del genere".