
Il Sagrantino amico dei migranti. La battaglia vincente di Caprai
"Ci sarebbero tante belle storie da raccontare in questi otto anni di accoglienza ai richiedenti asilo, ma credo dovremmo aiutare di più questi ragazzi a integrarsi, perché c’è una tale burocrazia e delle regole così assurde, che non agevolano né gli imprenditori né chi arriva nel nostro Paese a caccia di un lavoro". Marco Caprai è uno dei produttori di vino italiano più rinomati nel mondo, il Sagrantino: da tempo divide la sua vita tra le colline di Montefalco, in Umbria e Firenze, la città dove vive da molti anni con i suoi due figli e la moglie. A lui e alla sua azienda il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il prossimo 20 marzo consegnerà l’onorificenza al merito per l’imprenditoria etica. Si tratta dei cosiddetti premi agli eroi civili: trenta cittadini che ogni anno si distinguono per l’impegno sociale nel lavoro o nella propria attività. Impegno, il suo, che lo scorso giugno non era sfuggito nemmeno all’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, dalla quale la Arnaldo Caprai aveva ricevuto il premio Welcome. Working for refugee integration.
Ci spiega lei il motivo per il quale riceverà l’onorificenza?
"Tutto inizia nel 2016, quando un sacerdote della Caritas di Foligno mi chiese aiuto per impiegare alcune persone richiedenti asilo in fuga da guerra e violenza. La viticoltura ha bisogno continuo di personale e a quel punto non c’abbiamo pensato due volte. In otto anni abbiamo avuto più di 200 lavoratori dalle zone più difficili e povere del mondo e per noi è una cosa straordinaria".
E’ rimasto sorpreso?
"Molto, mi è arrivata una telefonata dal Quirinale senza che ne avessi il minimo sentore. So che il presidente Mattarella analizza uno ad uno i dossier. E questo è motivo di ulteriore grande soddisfazione".
Chissà quante storie avrà da raccontare...
"Tante, sì. Come quella di un ragazzo della Costa d’Avorio venuto da noi è ora è responsabile commerciale dell’Ambasciata in Italia. Ma tante, tante altre di uomini che sono venuti da noi, hanno un’importante esperienza di lavoro alle spalle e ora hanno ritrovato le famiglie in giro per l’Europa".
E’ complicato far lavorare un migrante in Italia?
"Molto, ci sono difficoltà a volte incomprensibili".
Di che tipo?
"Di regole, burocrazia... A volte mi pare che la mano destra non sappia cosa fa la sinistra. Ho 60 anni e faccio questo mestiere da una vita, ma le complicazioni che ci sono per poter assumere questi giovani sono enormi".
Mi fa un esempio?
"Beh, c’è un decreto flussi per far entrare lavoratori dall’estero vista la grande richiesta che non è mai soddisfatta, quando abbiamo i Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri) pieni di stranieri... Oppure per restare alle cose concrete, vogliamo parlare del trasporto pubblico? Gli autobus ci sono solo negli orari scolastici, per chi lavora in campagna o in periferia è impossibile muoversi. Le sembra normale in una Paese civile? Per fortuna in agricoltura funziona ancora il passa-parola, perché se si dovesse agire solo con i canali istituzionali, campa cavallo...".
Eppure ci sarebbero molte opportunità di lavoro
"Certo, il mondo agricolo cerca trattoristi come il pane ma non si trovano. La tecnologia è importante anche in questo settore, ma i lavoratori restano il fulcro. Vorrei far capire a chi governa che questa gente viene qui per lavorare, per costruire un futuro per sé e le proprie famiglie, ma noi gli rendiamo la vita difficile, non riusciamo ad occuparli come si deve nonostante ci sia un forte bisogno. Basti dire che se guadagnano oltre i 400 euro sono costretti a uscire dal programma di aiuto".
Lei proviene dalla campagna umbra, ma alla fine ha scelto Firenze. Un bello ‘stacco’, no?
"Sì, faccio il pendolare. Ma questa è una città bellissima, si vive molto bene, è al centro di una rete di trasporto ferroviaria e aerea eccezionale, nonostante i fiorentini ce l’abbiano con l’aeroporto (sorride, ndr). Negli ultimi tempi ho notato però un po’ di trascuratezza nell’ordine pubblico, questo sì".
E allora non le sarà sfuggito il fatto che numerosi episodi di criminalità negli ultimi tempi a Firenze sono collegati alla presenza di minori stranieri non accompagnati. Che idea si è fatto vista anche la sua esperienza?
"Ripeto: se le regole di accoglienza fossero più semplici, ci sarebbero molti meno problemi anche sotto questo punto di vista. Il Terzo Settore fa molto in questo senso, ma ai minori bisognerebbe offrire la possibilità concreta e semplice di integrarsi, offrendo un percorso di studi, progetti formazione-lavoro ad esempio. Se stanno per strada a ciondolare, senza qualcuno che li indirizzi è chiaro che finiscono in ‘mano’ alla malavita. E questo è un problema non solo nostro, ma dell’Europa".