FIRENZE
Tra Meyer e Università non c’era un’associazione per delinquere, ma "un rapporto di ’do ut des’ che di volta in volta interessa soggetti diversi e che è finalizzato ad uno scopo, attraverso procedure che secondo la ricostruzione accusatoria non sono rispettose delle norme di legge che disciplinano i concorsi in ambito universitario".
Così, il tribunale del Riesame (presidente Aloisio, giudici Liguori e Moneti) “smonta“ il reato associativo contestato al dg del Meyer, Alberto Zanobini, nell’ordinanza con cui è stato respinto il ricorso dei pm Luca Tescaroli e Antonino Nastasi ed è stata confermata, per il manager dell’ospedale pediatrico fiorentino, la misura interdittiva delle durata di tre mesi emessi lo scorso aprile dal gup. Gli episodi di presunta pianificazione dei bandi contestati a Zanobini "sono tutte circostanze che rivelano non l’agire in vista del mantenimento di una sovrastruttura, bensì la volontà di realizzare l’obiettivo prefissato". E su quale sia l’"obiettivo prefissato", si è consumato un vero e proprio scontro tra accusa e difesa al Riesame. Per la procura, i 23 indagati complessivi (altre posizioni sono al vaglio dei pm) avrebbero agito per favorire la carriera di alcuni. Per i legali, in particolare Filippo Cei, difensore di Zanobini, il dg del Meyer si sarebbe mosso per ottenere il migliore sul campo.
Tuttavia, il Riesame è allineato alla procura sulla circostanza che alcuni bandi siano stati "predisposti ad hoc" sulla figura del presunto prescelto. "Ove anche si dimostri che il candidato vincente era quello più meritevole è la metodologia seguita per conseguire l’obiettivo ad essere illecita, perché viola la normativa di settore", si legge nelle motivazioni. "Ciò che si contesta - argomenta ancora il collegio - non è il cattivo impiego delle regole tecniche alla cui stregua è stata valutata la professionalità dei candidati, quanto piuttosto la totale premeditata astrazione da tali regole. La legge prescrive che la scelta dei professori ordinari avvenga con concorso pubblico e la selezione (quindi valutazione) in base ai requisiti di professionalità non in base alla ’disponibilità’ dell’agente. La discrezionalità ricade sulla valutazione del profilo professionale del candidato, non sul novero dei criteri che costituiscono il metro di giudizio i quali, per legge, debbono riguardare la professionalità dei candidati. Pur ammettendo, con la difesa, che sono stati scelti i migliori, nell’interesse pubblico, circostanza che allo stato degli atti non è possibile verificare, è indubitabile che la scelta sia avvenuta in violazione delle norme che regolano i concorsi universitari sotto il profilo della valutazione della professionalità".
ste.bro.