REDAZIONE FIRENZE

Il no del Riesame. Lo zio resta in carcere. Con lui anche Carlos: "Sono avidi e feroci"

I due sono accusati di essere a capo del racket delle stanze. Per i giudici potrebbero reiterare il reato. No ai domiciliari.

Il no del Riesame. Lo zio resta in carcere. Con lui anche Carlos: "Sono avidi e feroci"

Lo zio di Kata, Abel Alvarez Vasquez, indagato con altri tre connazionali per il cosiddetto racket delle stanze nell’hotel Astor, resta in carcere perché persiste il grave pericolo per la reiterazione dei reati. Stessa motivazione, si legge nel provvedimento del tribunale del Riesame di Firenze, anche nei confronti degli altri indagati: tra cui Carlos Martin De La Colina Palomin, il “dueno” dell’Astor che avrebbe partecipato al tentato omicidio del 28 maggio scorso ai danni di un occupante che per sfuggire alla spedizione punitiva si gettò da una finestra. La procura di Firenze contesta, a vario titolo, il reato di estorsione anche tentata, rapina, lesioni e tentato omicidio.

Negli atti viene messa in luce la gerarchica di potere che andava rispettata all’interno dell’ex hotel di via Maragliano: Carlos pretendeva di dare "indicazioni agli altri occupanti", come "una sorte di presidente della comunità peruviana", scrivono i giudici. Nel suo ’braccio armato’, invece, il grado più alto era quello di Abel, lo zio della bambina scomparsa il 10 giugno, che insieme a ’Carloncho’ (Carlos veniva chiamato anche così) "spadroneggiava, imponendo dazioni di denaro per accedere ai vani dell’ex albergo occupato", reagendo "violentemente in caso di eventuali insubordinazioni". Gli altri due indagati, Nicola Eduardo Lenes Aucacusi e Carlos Manuel Salinas Mena (che rimane ai domiciliari per motivi di salute), sono invece considerati i ’fiancheggiatori’ chiamati a dar manforte dai due connazionali perché in grado di "aderire agevolmente a condotte violente e aggressive".

Gli atti ripercorrono il climax criminale che ha portato al tentato omicidio del 28 maggio – episodio che in alcuni interrogatori dei pm fiorentini gli stessi indagati, anche se in maniera parziale, avrebbero ammesso. Estorsioni e violenze erano al centro del modus operandi di Carlos e Abel, che controllavano ogni minimo movimento all’interno dell’Astor. Turni di pulizia, manutenzione, le regole di convivenza e chi poteva abitare o meno nelle stanze dell’hotel. Tutto passava dai due peruviani, secondo le carte.

Le stanze a disposizione di Carlos e di Abel, venivano affidate dal dueno "dietro compenso ed arrogandosi il diritto di cacciare chi non rispettasse il suo ordine e di non accertare chi non desiderava, e, soprattutto, non pagava il prezzo da lui richiesto", si legge ancora. I pm, inoltre, hanno prodotto nuove prove della morsa estorsiva, raccogliendo le testimonianze di una famiglia di occupanti peruviani che per avere una stanza (la 315) hanno dovuto pagare ben 1200 euro, e tutto con un giorno di tempo per procurasi la somma di denaro – pena l’espulsione dall’Astor. I giudici del Riesame, sottolineano anche "l’avidità e l’umana ferocia" e la totale assenza nei soggetti indagati di una "minima comprensione verso chi versava in problemi di carenza alloggiativa come loro, pretendendo cospicue somme di denaro per concedere quanto non era loro diritto concedere", ovvero le stanze dell’Astor.

P.M.