di Carlo Casini
Vigili del fuoco, poliziotti, carabinieri, medici, infermieri, ma anche tassisti, autisti, cuochi, camerieri, baristi, portieri d’albergo, pizzaioli; e ancora allevatori, spurghisti, meccanici di carroattrezzi, tabaccai, addetti alle pulizie, badanti, commessi, cassieri... L’elenco di chi passerà il Natale lavorando è lungo, e sempre più categorie il panettone lo mangeranno in ufficio, in officina o in negozio. Pensare che una manciata di lustri fa a Firenze era difficile anche solo comprare le sigarette, il 25 dicembre. E se ti dimenticavi di comprare qualcosa al supermercato il 24, l’unica speranza era correre all’Autogrill all’imbocco dell’A1, oppure attendere pazientemente il 27.
Non un fenomeno legato al solo Natale, spiega la professoressa Annalisa Tonarelli, sociologa del Lavoro e docente all’Università degli Studi di Firenze: "È mutato in generale il rapporto tra lavoro e festa: i tempi di lavoro e i tempi di vita personale si sono sempre più confusi. Basta pensare allo smart working, per cui la sfera privata è stata invasa dalla sfera lavorativa, con tutti gli svantaggi che ne possono conseguire".
Se sempre più categorie lavorano nei festivi, e il Natale è forse solo il giorno più simbolico di questa evoluzione del concetto di festività, ciò è legato "ai bisogni di consumo – analizza la sociologa – poiché ci sembrano prioritari rispetto a quelli dei momenti di astensione dal consumo: pensiamo di dover acquistare anche la domenica e nei festivi. Il riposo diventa un valore secondario". Ma oltre al commercio, alla ristorazione, ai servizi per il turismo, non dobbiamo dimenticare badanti e servizi domestici: "Tutto si inquadra nella divisone del lavoro, chi fa cosa, e al fatto che ci sono persone che svolgono servizi che per altri sono diventati essenziali, mettendo in subordine la possibilità di beneficiare loro stessi del momento di festa".
Al netto di alcuni servizi essenziali definiti dalla legge 146/90, e alcuni settori come turismo e la ristorazione che per loro natura lavorano in concomitanza con le festività, premette il segretario generale Filcams Cgil di Firenze Maurizio Magi, "si è registrata un’involuzione negli ultimi tredici anni nell’ambito del comercio, ovvero dal decreto SalvaItalia di Monti, che ha liberalizzato gli orari e ha stabilito la possibilità di aprire 365 giorni all’anno 24 ore al giorno. Coerentemente da tredici anni in occasione di ogni festività ci ostiniamo a proclamre sciopero e astensione dal lavoro per permettere a questi lavoratori di godere la giornata con i propri cari".
"Vorremmo tornare al periodo pre-2011 di confronto tra organizzazioni sindacali, datoriali e istituzioni locali – continua il sindacalista –. Le prestazioni festive vanno concertate. Non vogliamo risultare antistorici, ma alla liberalizzazione c’è un’alternativa: il confronto con le parti datoriali e le istituzioni territoriali". Una riflessione che si inquadra nella partecipazione di oltre 400 persone della Filcams di Firenze alla manifestazione di Roma di oggi.