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Il direttore degli Uffizi: "Dante sul tema della fama ha anticipato Andy Warhol"

"Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido". La citazione, come ricorda il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, ci riporta all’undicesimo canto del Purgratorio, incentrato sulla condanna della superbia, un vizio che porta gli uomini a dimenticarsi troppo spesso di quanto sia vana ed effimera la fama. Il passo dantesco è menzionato spesso nei manuali di storia dell’arte, perché segna il passaggio di consegne nella pittura tra il maestro Cimabue e Giotto che, secondo tradizione, ne sarebbe stato l’allievo.

"Questi due versi sono famosissimi e l’unico posto dove si vede questo confronto tra Cimabue e Giotto è la sala medievale agli Uffizi – sottolinea Schmidt –. Ci sarebbe anche la chiesa fiorentina di Santa Maria Novella, ma ancora l’allestimento non è pronto. Questa frase – aggiunge Schmit – è famosissima tra gli storici dell’arte, per le sue implicazioni anche in chiave moderna. Dante la impiega per la vana gloria, per spiegare quanto la fama velocemente arrivi e quanto velocemente svanisca.

E’ la fama di ognuno per 15 minuti come diceva Andy Wahrol. E’ un tema dantesco, quello di Andy Warhol, effettivamente. Ma da un punto di vista storico-artistico è molto più interessante quando Dante ad esempio prende ispirazione dalle rappresentazioni del Giudizio finale, quando si immagina delle sculture in rilievo. Questi sono i punti di contatto di Dante con l’arte figurativa. Su questo tema – conclude Schmidt- esiste una letteratura specialistica molto ampia ed approfondita".