
Giovanni
Morandi
Giuseppe Prezzolini era un fiorentino vero perché le sue
sentenze erano indiscutibili. Come i suoi aforismi. Come le sue convinzioni sugli italiani, il cui ideale, secondo lui, era di
guadagnare molto facendo poco o, come sottoideale, guadagnare poco
lavorando meno. Ma a parte queste rigidità le indovinava tutte a cominciare dalle previsioni sul dopoguerra quando “si incomincerà a
pensare al conflitto fra Stati
Uniti e Russia”. Qualcuno si
chiederà perché parlare di
Prezzolini e la ragione è perché ne abbiamo parlato sempre poco e meno di quanto meriti.
Come forse qualcuno saprà i
fiorentini sono di tre categorie,
quelli che sono nati sull’Arno,
quelli che non ci sono nati ma ci sono morti e quelli che ci sono nati ma poi hanno fatto di tutto per starsene alla larga. Lui non c’è né nato (era perugino “per caso”) né morto ma era fiorentino lo stesso, ovvero di testa. Conservatore ma anarchico, tradizionalista ma libertario, solitario ma sempre nella mischia, parsimonioso fino alla tirchieria come si capiva dalle sue case, a
cominciare da quella di New York, un buco tra i grattacieli, o quella di Lugano, “casa da emigrante, come tutte quelle che ha avuto, di una semplicità monacale e di un’avarizia toscana”, raccontò
Montanelli. Tirchio anche quando Pertini per i suoi 100 anni, gli donò una penna d’oro.“Se vado in bolletta la vendo”. Più che raccontare Prezzolini, che fu autorevole collaboratore de La Nazione, il modo migliore di ricordarlo è di leggerlo cogliendo
l’occasione dei 40 anni dalla sua morte. Montanelli lo ritrasse così:“Prezzolini mi ha ringraziato perché l’ho citato in due articoli. Mi ha scritto: ti sono grato di queste continue testimonianze di affetto e di simpatia. Non è vero. Preferirebbe che non parlassi
affatto di lui o che ne parlassi
male per poter pensare che anch’io l’ho dimenticato o tradito e che non c’è nessuno che gli sia rimasto amico. Non gli darò questa soddisfazione”.
Era un conservatore e firmò
l’anticonformista Manifesto dei
conservatori. Era un uomo libero e sui diritti civili descrisse così lo squallore delle convenzioni: “La
moglie ha una posizione sociale tra serva e amante. Di giorno fa da serva e di notte da amante”. A 86 anni decise di andare a vivere a Lugano. Aveva bisogno di continuare
a stare in esilio per sentirsi
libero.