Il "Charleston" d’una Metropoli. La Roma segreta e magica negli occhi stupiti dell’autore. La classe della Casina Valadier

Così Luigi D’Ambra racconta la Capitale in un articolo del 1959 per il centenario della "Nazione". Si è lasciato guidare da un tassista di fortuna tra le meraviglie dell’arte antica.

Il "Charleston" d’una Metropoli. La Roma segreta e magica negli occhi stupiti dell’autore. La classe della Casina Valadier

Il "Charleston" d’una Metropoli. La Roma segreta e magica negli occhi stupiti dell’autore. La classe della Casina Valadier

Oggi, tra le cinque e le otto, mi disse Gian Giacomo sedendosi davanti a me alle nove di sera, ad un tavolino delle aeree terrazze della Casina Valadier, oggi, tra le cinque e le otto, ho scoperto Roma. Son cose che càpitano si e no a due o tre cittadini romani durante un intero anno. Per me la faccenda è andata cosi. In questa montagna russa di torride e refrigeranti giornate per cui oggi la camicia è di troppo e domani il soprabito è necessario, io m’ero in casa liquefatto a dovere. Senonchè ricordando verso le cinque, che gli elementi della natura sono numerosi, decisi improvvisamente di rifarmi dell’uno con l’altro e stanco di far acqua da tutti i pori risolsi di correre a prendere aria a pieni polmoni. Così, discesi al galoppo le scale di casa mia, m’infilai come una freccia nel primo taxi scoperto che passava davanti al mio portone e ordinai allo chauffeur che si volgeva al suo fulmineo passeggero : "Giri Roma in lungo ed in largo e finchè abbia benzina.... ". E benzina doveva averne in quantità perchè senza un momento di sosta abbiamo girato Roma fin quando, cinque minuti prima delle nove, mi son trovato quassù, davanti alle terrazze della Casina ed improvvisamente ricordando che vi avevo appuntamento con voi, sin dalle otto, per pranzarvi insieme.... Non capisco veramente come mai lo chauffeur di taxi abbia potuto ricordare l’appuntamento con voi che io avevo dimenticato. Si vede che, stanco di girare e desideroso anche lui di andare finalmente a cena, m’ha portato quassù per farmi vedere le tavole apparecchiate e ricordarmi che era ora, almeno per lui, di farla finita, Ma tant’è, finita non era. V’ho detto in principio che oggi ho scoperto Roma. Ma sento di non averne, in quattr’ore di taxi a velocità di disastro garantito, di non averne, dicevo, scoperto che tutt’al più la metà. Io vi consigliodi far domani il mio medesimo giro da una all’altra delle quattro Basiliche e uscendo e rientrando dalle dodici porte. Erano ben quarant’anni che io vivevo a Roma senza conoscerla. Conoscevo, cioè, come voi e come tutti, una Roma del Papa e d’Umberto primo, limitata dall’angolo retto del Corso e di Via Nazionale, e dalla diagonale che i dealmente va, per interrotti e tortuosi sentieri urbani e attraverso due delle sette colline, da Piazza di Spagna all’Esedra. Conoscevo cioè la Roma congestionata dei grandi alberghi e delle troppe banche, dei ristoranti e dei caffè di lusso, dei teatri e dei tabarins, dei vecchi Circoli e dei decrepiti Ministeri, la Roma, insomma, del 1870, dalla Breccia di Porta Pia al Campidoglio.

Voi conoscete quanto me questa adorabile e detestabile Roma in cui trascoriamo, percorrendola in taxi a passo d’uomo, tra camións e tramvài, le nostre polverose e strombettanti giornate: una Roma nella quale la deliziosa eleganza di via Condotti e la meraviglia floreale di Piazza di Spagna son guastate dai carrozzoni tramviari ed in cui le grandi arterie, dal Corso Umberto al Corso Vittorio e da Via Nazionale al Tritone, sono ogni giorno percorse dalla flumana dei pedoni inutilmente a zonzo. Conoscevo, insomma, questa assurda Roma del centro, che non hanno avuto il coraggio di sventrare per darle respiro o il buon senso di rispettare per conservarne la gloria, questa Roma centrale che non dà il senso lirito ed epico della grande metropoli moderna, della "città tentacolare", di Verhaerem ed in cui le autorità prefettizie o governatoriali non riescono che ad aumentare il disordine. Io ho invece scoperto, oggi, la Roma vera, la Roma nuova, la Roma metropolitana, quella che un giorno sarà, nella storia, la Roma di Mussolini apertasi a stella per ogni strada possibile, attorno al vecchio nucleo della Roma umbertina. Non avevo della Roma nuova visioni precise. Ave- vo, sì, una notte, nel buio, accompagnato in taxi una coppia d’amici nei giardini dietro Villa Patrizi. Ero stato una sera d’estate, per prendere aria nella corsa d’un tram, sino alla Città Giardino. Avevo veduto, che da Porta San Giovanni, Roma s’allungava sino alla piazza dei Re di Roma. Coi miei amici canotieri avevo, lungo il Tevere, visto aumentare lle facciate del quartiere Flaminio e quelle del quartiere di Piazza d’Armi.

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