
Iannacone e la vita vera sul palco. L’uomo sospeso tra caduta e rinascita
Un vero e proprio teatro civile e di narrazione. Uno spettacolo per raccontare il mondo reale, con al centro la sofferenza dell’uomo, "sospeso tra caduta e rinascita".
Domenico Iannacone è volto noto della tv, giornalista e regista, da sempre impegnato con le sue trasmissioni televisive nell’intercettare e raccontare esistenze spesso prive di diritti e voce.
Da qui parte il suo spettacolo “Che ci faccio qui-In scena“, in programma domani al teatro Puccini alle 21, dove approda per la prima volta, prodotto da Teatro del Loto/Teatri Molisani, di e con Domenico Iannacone, coordinamento artistico, Stefano Sabelli.
Iannacone, cosa si deve aspettare il pubblico?
"Uno spettacolo dal piglio neorealistico e realistico insieme. Una trasposizione teatrale che attinge a piene mani dalla vita vera, che sul palcoscenico diventa carne cruda, con una specie di percorso a volte interiore a volte portato più verso l’esterno".
Per puntare i riflettori su che cosa?
"Sull’uomo e sulla sua fragilità, sulle ingiustizie sociali, sulla negazione dei diritti. Per questo parlo di teatro di narrazione e civile".
Qual è la differenza con le stesse cose dette in tv?
"Intanto si crea la vicinanza col pubblico, con un calore e un rapporto che la tv non potrà mai darti, perché lo schermo ha una riproposizione del vissuto ma in modo virtuale. Il teatro invece è pulsante, vivo, ti espone perché sei da solo, in connessione intima e profonda, trasmmettendoti una carica incredibile. Non a caso lo spettacolo ha una parte molto intima, dove racconto di me, della mia formazione, a partire dal cinema neorealista e dalle letture che mi hanno segnato di più".
Veniamo ad alcuni dei tema toccati.
"Sono i tanti di cui parlo da dieci anni: lo sfascio dell’ambiente, per esempio, e del perché siamo arrivati a questo punto. E poi il tema della povertà, delle periferie, questioni da sempre a me molto care, per capire cosa e se sia cambiato qualcosa negli ultimi tempi".
E poi si parlerà anche di don Alessandro Santoro.
"Sì, una persona speciale, un prete operaio che ho conosciuto a Firenze e che per me rappresenta una specie di avamposto della legalità e dell’accoglienza, con un approccio religioso e allo stesso laico davvero importante".
Olga Mugnaini