Torino, 22 gennaio 2021 - Professor Mori, la campagna vaccinale segna il passo per una serie di vicende che hanno a che fare con l'approvvigionamento ma anche con l'organizzazione: lei pensa che si poteva fare meglio o almeno in maniera diversa?
Io credo che avremmo potuto innanzitutto riflettere meglio sulla questione delle priorità: a chi somministrare subito il vaccino, a chi dopo. Su questo sarebbe servita una valutazione etica, che invece è stata trascurata a vantaggio di una logica di carattere sanitario, efficientistico-organizzativa. Se avessimo seguito i criteri etici, laddove per etica intendo una riflessione fatta al fine di garantire il massimo o comunque un ottimo livello di benessere e di rispetto dei diritti delle persone, forse avremmo fatto scelte diverse"
In che senso?
Vede, io non voglio con questo dire che sia necessariamente sbagliata la direzione che è stata intrapresa. Ma certamente un dibattito pubblico, franco, aperto, avrebbe garantito una maggiore condivisione. Avrebbero dovuto almeno essere esplicitate le motivazioni di una scelta piuttosto che di un'altra. L'altro giorno, ad esempio, parlavo con un mio conoscente che ha una nonna di centouno anni e che era già pronta per il vaccino: non lo so se effettivamente è utile una cosa del genere. Ho grande rispetto per questa signora - che per altro è perfettamente autonoma, vive da sola ed è lucidissima ancora - come ho rispetto per tutte le persone della sua età, ma è proprio giusto dare priorità ai grandi anziani? Questo secondo avrebbe meritato un dibattito serio ed approfondito che invece non c'è stato. E' giusto cioè, in questa situazione di scarsità di vaccini, partire da queste persone? Non potevamo proteggerle in altro modo? Ecco, questa riflessione non si è fatta. Secondo me sbagliando.
E secondo lei chi si sarebbe dovuto preferire nella somministrazione dei vaccini?
Secondo me bisognava partire dalle persone che svolgono un lavoro indispensabile, i ruoli essenziali nella società. Ad esempio chi tutela l'energia elettrica nelle città, o altri servizi di questo tipo. Ci stanno bene i sanitari in prima linea, ma quelli che lavorano nell'amministrazione o negli uffici, magari no. Poi i politici, perché da loro dipende la guida del Paese. E se non i giovani, gli insegnanti. Il problema di fondo è: vogliamo salvare più vite o più anni di vita? E questo va fatto in maniera comparativa. Razionale ed etica.
Molti dei problemi che abbiamo di fronte derivano dal fatto che i vaccini sono prodotti da multinazionali provate. Si poteva fare diversamente?
Io penso che se i vaccini sono un bene pubblico così essenziale, bisogna certamente chiedersi se sia corretto lasciarne la produzione e la commercializzazione in mano privata.
Lei è a favore dell'obbligo vaccinale?
Io penso che in questo momento sarebbe un problema. Vede io sono una persona molto rispettosa della scienza, profondamente convinto della necessità di avere fiducia nella ricerca e nella comunità scientifica. Anzi alcuni mi accusano, nel mio ambito, di esserlo anche troppo. Ma ho l'impressione che sarebbe un buco nell'acqua. E anche una sorta di boomerang, se imponessimo sanzioni repressive. In quanto se poi se si sviluppa un fenomeno di disobbedienza civile di ampio respiro, questo diventa immediatamente un problema per l'autorevolezza della legge stessa. E la vedo dura. Credo dunque che si debba procedere con opera di persuasione. E poi c'è anche il fatto che ci sono alcuni punti ancora non chiariti, come la questione della trasmissibilità, ovvero se una persona vaccinata possa comunque risultare contagiosa e per quanto tempo. Io ritengo che questa pandemia segni a pieno titolo l'ingresso nella società scientifica, per i grandissimi progressi che si sono fatti in tempi così brevi in tantissimi campi. Vorrei che avessimo molta più fiducia nella scienza, come dicevo. Ma la scienza non è un juke box che metti la monetina e parte. Ha bisogno di tempi, di riflessioni, di un procedimento lungo e non dà risposte immediate. Su questi vaccini si è fatto molto in fretta, ed è stato anche giusto, ma qualche elemento di ulteriore riflessione rimane aperto. Anche per questo la coattività mi pare controproducente. Va considerato infine che le persone non sono poi sempre pronte ad adeguare i propri sentimenti alle novità. E questo non va trascurato perché se lo si facesse sarebbe controproducente
Il professor Ichino ritiene che in realtà le condizioni per renderlo obbligatorio esistano già, e che sia in carico ai datori di lavoro la necessità di imporlo, pena anche il licenziamento del lavoratore. Cosa ne pensa?
La proposta di Ichino mi pare eccessiva. Perché fatta da un datore di lavoro. Io sono convinto innanzitutto che serva una legge. E poi basare tutto sugli elementi di sicurezza in un campo in cui vi sono ancora incertezze mi pare sia un po' troppo. Anche perché, tra le altre cose, non v'è sicurezza circa il danno prodotto da chi non si vaccina.
Domenico Guarino