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I tesori delle magistrature fiorentine. Nasce la Sala degli argenti

A Palazzo Vecchio un percorso museale che permette di ammirare rarità risalenti ai tempi della Signoria

I tesori delle magistrature fiorentine. Nasce la Sala degli argenti

Per la prima volta la raccolta degli argenti delle magistrature fiorentine, risalente ai tempi della Signoria e quasi del tutto sconosciuta, viene esposta al pubblico in modo permanente: a Palazzo Vecchio il nuovo allestimento della Sala della Cancelleria diventa la Sala degli argenti.

L’antica raccolta, oggi di proprietà del Comune di Firenze, si compone di un bossolo, una bigoncia, un bacile e 26 mazze da ‘parata’, di cui 12 da mazziere e 14 da comandatore: tutti oggetti utilizzati in passato dalle massime magistrature fiorentine per le votazioni e le funzioni pubbliche e per questo finora conservati nella Sala di Clemente VII, adibita a ufficio del sindaco. L’uso continuo nei secoli li ha esposti a danneggiamenti, riparazioni e aggiornamenti, ma anche preservati dal rischio di essere fusi o venduti, tramandando fino ai nostri giorni una raccolta unica per numero, funzione, antichità e valore storico e artistico degli oggetti di cui si compone. La raccolta entra ora a far parte del percorso museale, con un allestimento pensato per farla conoscere al pubblico e agli studiosi e conservarla più idoneamente in vetrine conformi ai moderni standard espositivi. Il restauro degli oggetti e l’allestimento della Sala è costato in tutto 120mila euro. Il nuovo ordinamento della sala permette inoltre di valorizzare in modo migliore le due celebri effigi di Niccolò Machiavelli, segretario della prima Repubblica, che già vi erano esposte: un antico busto in stucco policromo e un ritratto su tavola dipinto da Santi di Tito intorno al 1575.

Le origini della raccolta risalgono a quando la città era governata dai Priori delle Arti e dal Gonfaloniere di Giustizia che risiedevano nell’odierno Palazzo Vecchio. In particolare il bossolo, la bigoncia e il barile sono rarissimi esemplari dell’antico corredo per votazioni della Signoria di Firenze. Il bossolo, attribuito alla bottega di Lorenzo Ghiberti e datato intorno al 1420, serviva infatti per le votazioni delle magistrature cittadine: dentro il bossolo, a pugno chiuso, veniva inserita una fava, nera per il voto favorevole, bianca per quello contrario. Le fave venivano poi riversate nella bigoncia e quindi nel bacile, dove venivano contate. Come attestano gli inventari quattrocenteschi del Palazzo della Signoria, il corredo per votazioni era allora conservato nella sagrestia della cappella di San Bernardo, sotto la custodia di frati, insieme alle suppellettili sacre, ai perduti argenti della mensa dei Priori e alle mazze che venivano usate per accompagnarli nelle loro uscite solenni.