Ha ricevuto un’accoglienza entusiastica il ritorno al Teatro del Maggio del "Don Pasquale" nel celebre allestimento di Jonathan Miller, varato nel 2001 e in questo caso ripreso con scrupolosa accuratezza da Stefania Grazioli. Uno spettacolo che, nonostante la discutibile retrodatazione della vicenda nel Settecento e i problemi di presenza del suono causati dalla collocazione dei cantanti troppo lontani dalla buca, conserva intatta la sua godibilità soprattutto per la suggestiva, monumentale casa delle bambole e i bellissimi costumi disegnati da Isabella Bywater. Mai però lo si era visto, almeno a Firenze, abbinato a un’esecuzione musicale di così alto livello. Merito in primo luogo del minuzioso lavoro svolto sulla partitura da Daniele Gatti nel coglierne il delicato tono dolceamaro e nell’esaltarne, finalmente senza i tagli di tradizione, tutta la raffinatezza con una flessibilità di tempi e una calibratura di spessori esemplarmente assecondate dalla resa superba dell’Orchestra e del Coro del Maggio istruito da Lorenzo Fratini. Pari soddisfazioni ha riservato la compagnia di canto spinta dal direttore a cercare la verità psicologica dei personaggi senza le consuete forzature caricaturali a cominciare dalla elegante cifra stilistica dell’umanissimo protagonista Marco Filippo Romano. Sara Blanch gli ha affiancato una luminosa, vivacissima Norina e Yijie Shi un Ernesto ideale dal sontuoso legato e dalla morbida sicurezza del registro acuto. Markus Werba ha incarnato un Dottor Malatesta spigliato e divertente e perfino Oronzo D’Urso ha saputo conferire la giusta misura agli interventi del Notaro. Tutti premiati da tanti insistenti applausi a scena aperta e autentiche ovazioni alla passerella finale.
Giuseppe Rossi