Giù le mani dalla Costituzione

I due protagonisti Piero Calamandrei e Giorgio La Pira contribuirono alla stesura della Costituzione della Repubblica Italiana, che ha garantito libertà e progresso al nostro Paese negli ultimi 75 anni. Ora il governo vuole cambiarla, ma ciò rischierebbe di tradire l'equilibrio tra i poteri.

Tenete a mente questi due nomi: Piero Calamandrei e Giorgio La Pira. Tutti e due furono eletti nel collegio di Firenze all’Assemblea costituente nel 1946. Ambedue furono tra i protagonisti del dibattito e della scrittura della Costituzione della Repubblica italiana, entrata in vigore nel 1948. Quella Carta fino ad oggi ha garantito libertà e progresso al nostro popolo. Qualcuno dirà: ma non siamo in crisi? Partiamo dal 1945: l’Italia ereditata da Ivanoe Bonomi, Ferruccio Parri e poi da Alcide De Gasperi, era un cumulo di macerie e una nazione affamata grazie alla guerra scatenata da Mussolini e dal suo alleato Hitler. Con questa Costituzione l’Italia è risalita piano piano, diventando in questi 75 anni, una delle prime sette potenze industriali del mondo. Il tutto garantendo la libertà politica anche ai nemici della democrazia, come i comunisti e i fascisti, che hanno attraversato la scena politica italiana della seconda metà del Novecento. Ora il governo del presidente Meloni vuole cambiare la Costituzione ed eleggere direttamente il Primo ministro, che può nominare i ministri e revocarli. Se questo principio va bene a livello comunale e regionale, non va bene per il governo nazionale. Perché si tradirebbe l’equilibrio tra i poteri, in quanto tutti gli organi dello stato sarebbero coartati nelle loro funzioni dall’"investitura" popolare del Primo ministro a danno del presidente della Repubblica e del Csm. I grandi italiani, come La Pira e Calamandrei, ma voglio aggiungere a questi Giuseppe Dossetti, Aldo Moro, Amintore Fanfani, Randolfo Pacciardi, Lelio Basso, Palmiro Togliatti, Attilio Piccioni, Benedetto Croce e tanti altri, vollero la Costituzione che ha riportato l’Italia fra i Paesi più sviluppati del mondo e non si capisce quindi il motivo di un cambiamento rischioso per la democrazia. Non vale nemmeno la scusa di chi dice "basta con i governi tecnici". E quando ci sono stati? I cosiddetti "tecnici" sono stati chiamati dai presidenti della Repubblica perché i partiti non erano in grado di fare scelte impopolari. Ma in tutti i casi, anche i cosiddetti "governi tecnici" sono stati sempre votati dai deputati e dai senatori della Repubblica.