Muore gatto, sospetto caso di rabbia. 'Ma il virus è scomparso da 50 anni'

Morto un gatto di casa: risultati positivi i test all’Istituto zooprofilattico di Padova. L’Asl: "Siamo in ansia, è una malattia grave"

Un gatto

Un gatto

Firenze, 28 giugno 2020 -  L’arrivo delle nuove malattie e il ritorno delle malattie scomparse. Il primo caso di rabbia segnalato in un animale domestico in Toscana da almeno cinquant’anni, mette in allarme i veterinari dell’Asl Toscana centro. Che cos’è accaduto? Un micetto domestico di una famiglia aretina ha improvvisamente e immotivatamente morso la padrona: un comportamento anomalo, che non si era mai verificato prima. La donna, però, aveva notato negli ultimi giorni un’aumentata aggressività del gatto di casa, regolarmente vaccinato e controllato. Dopo il morso, si è aperto un percorso incredibile. Per lei è scattata la profilassi antirabbica, mentre il gatto è stato portato all’ambulatorio specialistico per le malattie neurologiche della Valdinievole, a Monsummano. E da lì, con i primi e sempre più fondati sospetti, a quelli dell’Igiene urbana e veterinaria dell’Asl Toscana centro. Il gatto, adulto ma non anziano, che era sempre rimasto con la stessa famiglia e non aveva mai mostrato segni di squilibrio, è morto.  

Come previsto dal protocollo, sospettando un caso di rabbia, il cadavere dell’animale è stato sottoposto allo studio dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, a Padova, che è centro di riferimento nazionale per questo tipo di patologie. La rabbia è una zoonosi, causata da un rabdovirus, genere Lyssavirus. Colpisce animali selvatici (in particolare le volpi e i pipistrelli) e domestici e si può trasmettere all’uomo e ad altri animali attraverso il contatto con saliva, quindi morsi, ferite, graffi. La a malattia sviluppa un’encefalite: una volta che si manifestano i sintomi, la rabbia ha ormai già un percorso fatale sia per gli animali sia per l’uomo. Senza cure intensive la morte arriva entro una settimana. Per questo è fondamentale controllare la malattia e sottoporre gli animali a vaccinazione.  

«Siamo molto in allarme, aspettiamo la definitiva notifica di caso dall’Istituto zooprofilattico – spiega Enrico Loretti, direttore dell’Igiene urbana veterinaria dell’Asl Toscana centro – In Toscana non sono stati segnalati casi di rabbia da prima del 1966, mentre in Italia si era verificato qualche caso isolato in cani che erano stati infettati da animali selvatici in battute di caccia nei Paesi dell’Est. In Italia l’ultimo focolaio rimasto circoscritto c’era stato a cavallo del 2012-2013 fra gli animali selvatici in Friuli e Trentino, contrastato con una vaccinazione a tappeto. Non si era trasmesso, non aveva fatto danni né alle persone né agli animali domestici".  

L’allarme si amplifica perché nella storia di questo gatto non si riesce a capire da dove sia partito l’agente infettivo. "La questione è veramente molto seria anche perché il gatto era vaccinato, speriamo solo che la notifica finale dia esito negativo – spiega Loretti – In Toscana ci sono più di 700mila cani e qualche milione di gatti, quindi, diversamente, la situazione potrebbe essere seria".  

Ma come potrebbe aver contratto la malattia? "Non si può escludere che questo gatto sia uscito, l’unica spiegazione possibile ora come ora sta nell’importazione degli animali da paesi dell’Est dove sulle vaccinazioni e sui controlli sono meno severi – spiega Loretti – La rabbia è una malattia molto grave, per questo in Italia e in Toscana c’è una rete di sorveglianza pazzesca che non consentirebbe di far sfuggire un caso". © RIPRODUZIONE RISERVATA

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