REDAZIONE FIRENZE

"Firenze salvi i ragazzi di Istanbul dal carcere"

Hazal Korkmaz vive qui da quando aveva un anno. "L’Università sostenga la rivolta: non è solo un attacco ai giovani turchi, ma a tutti noi"

 

Un filo di lotta e speranza unisce l’Universita Boğaziçi di Istanbul e quella di Firenze. Hazal Korkmaz è una ragazza turca, che vive e studia a Firenze, e si è fatta portavoce in Italia delle proteste degli universitari turchi, dopo la nomina del nuovo rettore scelto dal governo e non, come sempre, da libere elezioni. Una decisione che ha scatenato la rivolta degli studenti.

Racconti la sua storia.

"I miei genitori sono emigrati in Italia nel 1998, io sono cresciuta qui. Ho fatto avanti e indietro da Istanbul per tanti anni, visto che nella città  ci sono i miei parenti e la mia famiglia, ma ora vivo a Firenze e studio Giurisprudenza all’Università".

Sta lottando da Firenze per aiutare gli universitari turchi, appoggiando la protesta: racconti la sua battaglia.

"Voglio creare un ponte mediatico e politico tra Italia e Turchia. Quando l’Occidente porta pressione su quanto succede in Oriente, la politica interna in Turchia ne risente sempre, e quello è il mio obbiettivo. Voglio far sapere a più persone possibile quello che sta succedendo a Istanbul. Sono a contatto con parlamentari italiani ed europarlamentari, che appoggiano la mia protesta e vogliono dargli risalto. C’è troppo silenzio su queste vicende".

Lei è in contatto con i ragazzi delle proteste di Istanbul?

"Riesco ancora a parlare con alcuni dei ragazzi, oppure con i loro avvocati. Tutti i miei amici e colleghi sono agli arresti domiciliari o in carcere. Tutto è iniziato il 4 gennaio, quando a seguito della nomina a rettore di Bulu, gli universitari del Bosforo hanno iniziato un protesta pacifica. La polizia ha risposto con violenze fisiche e psicologiche, ma così facendo sono nate proteste in tutte le università turche".

Non ha paura di possibili ripercussioni da parte di Erdogan ?

"Sicuramente se avessi fatto tutto questo laggiù, ora sarei in carcere. Per adesso non ho ricevuto minacce dirette, ma sui social sono stata vittima di linciaggio da parte dei sostenitori di Erdogan. La paura c’è, ma non per me o la mia famiglia, che non ha preso attivamente parte alle proteste, ma per i miei amici e colleghi universitari. La polizia irrompe in casa alle 3 di notte, arresta ragazzi senza motivo e li tiene in carcere per oltre 48 ore, e si parla di più di 700 arresti".

Quanto è difficile per lei fare da cassa di risonanza a una situazione così dura?

"Per me è molto difficile, sto facendo da contenitore per tutte queste storie drammatiche che arrivano dalla Turchia. Psicologicamente sono molto sotto pressione, ho paura di non farcela a raggiungere l’obbiettivo. Ho una grande responsabilità, un dovere umano, perché non è solo un attacco ai ragazzi turchi, ma alla cultura e al sapere in generale, all’umanità".

Come vuole portare avanti la sua battaglia?

"Grazie ai collettivi universitari e varie associazioni vogliamo far sapere sempre a più persone quello che sta succedendo, cercando una risposta da parte delle istituzioni. Voglio che venga presa una posizione forte contro quello che sta succedendo a Istanbul. Lancio un appello all’Università di Firenze, che risponda in maniera ufficiale, che prenda le distanze e combatta questo attacco alla cultura, come già fatto da altre prestigiose università in Europa, come quella di Amsterdam, Oxford o la Sorbona".

Iacopo Nathan