GIOVANNI PALLANTI
Cronaca

Firenze crocevia della storia. Quei fascisti troppo violenti messi da parte dai gerarchi dopo il delitto Matteotti

Da una cassa di libri sono riemersi fogli dattiloscritti con le informative della polizia politica. Le epurazioni degli squadristi fiorentini, alcuni dei quali tornarono protagonisti a Salò.

Firenze crocevia della storia. Quei fascisti troppo violenti messi da parte dai gerarchi dopo il delitto Matteotti

Firenze crocevia della storia. Quei fascisti troppo violenti messi da parte dai gerarchi dopo il delitto Matteotti

Il libraio antiquario "Filippo Biblioteca" (paradossalmente si chiama proprio Biblioteca di cognome) ha trovato in una cassa di libri appartenuti a una persona defunta alcuni fogli dattiloscritti, di cento anni fa, redatti dalla polizia politica e uno indirizzato al comando dei carabinieri, dove si spiegano le ragioni dell’indagine interna al Partito nazionale fascista a Firenze: "...Circa le prime espulsioni (dal Partito nazionale fascista, n.d.r)".

"Gli estremisti ed i violenti incorreggibili - si legge nel rapporto ora anche in mio possesso - dicono e fanno dire che espellendo dal fascio i più facinorosi non esiste più il fascismo in quanto la potenza di esso trova ragione solamente nel manganello. Teoria evidentemente che non tiene contro che fascismo e governo si devono integrare e che ogni azione di forza deve partire da quest’ultimo".

Si tratta di un rapporto ad uso interno della dirigenza nazionale fascista per rendere noto il ribellismo interno alla Federazione fascista di Firenze subito dopo il delitto Matteotti. I fascisti estremisti teorici della violenza non tolleravano una normalizzazione governativa del fascismo. Questa corrente faceva capo al gerarca Tullio Tamburini che dopo una lunga eclissi di potere, all’interno del fascio, riemerse al potere come capo della polizia della Repubblica di Salò.

Un altro aspetto di questo incartamento riguarda le valutazioni anche di alcuni esponenti del fascio fiorentino monitorati per i loro difetti e le loro virtù. Si legge del Conte Piero Guicciardini che viene definito "...ritenuto persona poco intelligente". Quando era in buone condizioni economiche si prodigò molto per aiuti finanziari al Partito Fascista "nonostante una vita sregolata".

Di Ludovico Moroni squadrista si dice: "Nel 1922 dalla Corte d’Assise di Firenze fu assolto, per non aver commesso il fatto dall’imputazione di omicidio volontario e di duplice mancato omicidio. Altre quattro volte fu assolto per amnistia per i reati di omessa denunzia di armi, violenza privata, danneggiamento, lesioni personali, violazione di domicilio e porto d’armi senza licenza".

Questo era uno dei seguaci della corrente del Tamburini che i fascisti ormai al Governo, dopo averlo a lungo protetto, volevano emarginare. Poi si parla bene del dottor Carlo Nannotti definito fascista esemplare. Così come viene ben presentato da questo rapporto il professor Luigi Tenca, preside del Regio istituto magistrale Gino Capponi, ufficiale decorato al valor militare nella prima guerra mondiale. Questi documenti di cento anni fa raccontano di come i fascisti fiorentini tentarono di ripulire, dopo l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, avvenuto a Roma nel giugno 2024 per mano di Amerigo Dumini, squadrista fiorentino, e altri quattro complici, i loro quadri dirigenti.

Fortuitamente dopo cento anni si sono trovati questi documenti di indubbio valore storico. Il Fascismo nato come movimento rivoluzionario nel 1919 riuscì ad andare al governo con 35 deputati nel 1922, dopo la marcia su Roma del 28 ottobre. Benito Mussolini formò un primo governo di coalizione che dopo il delitto Matteotti e le leggi speciali diventò un regime a partito unico. Con i fascisti dal 1919 al 1924 si aggregarono anche uomini violenti che credevano solo nella lotta armata, utile al fascismo fino al raggiungimento del potere.

Dopo diventarono scomodi e cercarono di emarginarli per poi riscoprirli come elementi utili dopo il 25 luglio 1943 e la costituzione della Repubblica di Salò, come nel caso del gerarca Tullio Tamburini conosciuto a Firenze come capo della fazione estremista e violenta ritornato necessario per fiancheggiare le S.S. tedesche nella repressione antipartigiana. Altra figura di spico del fascio repubblicano, quella di Alessandro Pavolini, fiorentino, già federale a Firenze a 26 anni nel 1929 e ministro della Cultura popolare dal 1939 al 1943, quando seguì Mussolini nella tragica avventura di Salò. Fondatore delle delle Brigate nere, a lui si deve l’organizzazione dei franchi tiratori che nei giorni del passaggio del fronte a Firenze, agosto 1944, tentarono di rallentare l’avanzata degli Alleati, sparando a caso sulla folla dai tetti dei palazzi del centro. Pavolini finì poi fucilato a Dongo dai partigiani il 28 aprile 1945.