
"Fiesta" di Capodanno. Il mito della Carrà tra musica e spettacolo: "E’ una supereroina"
di Barbara Berti
FIRENZE
"Direttore Canino... suona bene. Sì, chiamatemi direttore" scherza Fabio Canino, ieri "Direttore per un giorno" del nostro quotidiano. Poi si fa serio: "Questo incarico mi riporta indietro nel tempo, alla mia infanzia e adolescenza. Mio padre leggeva sempre La Nazione, il giornale della città. E oggi essere qui mi fa sentire a casa".
Da ’casa’, ovvero la sua Firenze, riparte "Fiesta", spettacolo-omaggio a Raffaella Carrà in scena dal 28 dicembre al 1 gennaio al Teatro di Rifredi.
"Sì, e non vedo l’ora di tornare sul ’luogo del delitto’ perché sul palco di Rifredi siamo già andati in scena diversi anni fa. ’Fiesta’ è una commedia colorata, smagliante, spassosa e sarcastica in cui ci si diverte riflettendo sul mondo gay, su argomenti attuali che muovono dalla politica alla religione. Si susseguono battute ironiche e autoironiche, anche non politically correct, dialoghi serrati e pungenti, satira di costume e tanta, tanta musica. E’ una festa anni Novanta, sia per il tipo di comicità sia perché quello è stato il periodo top della Carrà".
Chi partecipa a questa festa?
"Sul palco, con una scenografia da film di Pedro Almodóvar, siamo in cinque: sono affiancato da Mariano Gallo, Sandro Stefanini, Simone Veltroni e Antonio Fiore. Ovviamente il mito di ’Raffa’ è onnipresente: dalla bambola con il suo abito da sera lungo e rosso alla statuetta con tanto di angolo votivo. Senza dimenticare le canzoni della Carrà".
Pubblico protagonista?
"Sì, il coinvolgimento con gli spettatori in sala è parte integrante dello spettacolo. E’ il pubblico che per alzata di mano può scegliere il finale tra tre diverse possibilità. E la cosa bella è che spesso in sala, nelle serate successive al debutto, ritrovo gli stessi spettatori perché vogliono scoprire gli altri finali".
Con il pubblico ci scherza e fa scherzi...
"Durante le varie repliche fiorentine, prima del finale, in un momento di dialogo col pubblico presenterò delle vere e proprie ’Carrambate’, un’iniziativa in partnership con La Nazione".
Come nasce lo spettacolo?
"Esiste dal 2001. Il mio produttore dell’epoca, Paolo Lanfredini, sapendo che Raffaella era il mio mito, mi disse: ’perché non fai uno spettacolo su di lei?’. Così immaginai il giorno della suo compleanno e iniziai a scrivere il testo insieme a lui e a Roberto Biondi. Ricordo che prima del debutto pensai: ’andiamoci a prendere i pomodori in faccia’. E, invece, dopo oltre vent’anni questo spettacolo piace ancora. Al funerale di Raffaella sono stato fermato da tanta gente che mi chiedeva di rifarlo perché era piaciuto e devo dire che questo affetto vero".
La Carrà lo ha visto "Fiesta"?
"Le mandai l’invito per una delle primissime recite. Ma era impegnata con il programma ’Carramba! Che sorpresa" e mi fece sapere di non poter partecipare. Poi il 30 dicembre 2001, eravamo al Teatro Colosseo di Roma, mi fece la ’carrambata’. Il pubblico in sala pensava fosse tutto organizzato invece fu davvero una sorpresa che ha cambiato il corso degli eventi: le tre settimane di programmazione dello show sono diventate tre anni. Una sera venne a vedere lo spettacolo: comprò i biglietti e portò i suoi amici: Sergio Japino, Enzo Arbore, Gianni Bonpagni, Marisa Laurito...".
Il suo mito è diventata la sua amica a cui ha dedicato anche un libro...
"I veri omaggi si fanno quando le persone sono vive. Raffaella è stata una donna eccezionale che della sua professione ne ha fatto un manifesto femminista".
Oggi cosa le manca di lei?
"Tutto. A partire dalla sua mentalità aperta e moderna. La vedo come una supereroina: se ho una giornata un po’ grigia, triste allora metto su una sua canzone e sfido chiunque a non sorridere e tenere il tempo".