
Fedele Romiti, premiato dai goliardi di Giurisprudenza nel 1983
Firenze, 1 febbraio 2020 - Hanno riempito l'atrio di via Laura 48, come facevano quarant'anni fa. Coi capelli perduti o solo imbiancati e lo stesso piglio di allora. Sono una ventina di studenti (foto) di Giurisprudenza e del Cesare Alfieri di Scienze Politiche, ritrovatisi nell'edificio delle loro giovanili fatiche (ma quante soddisfazioni, anche) per un anniversario speciale. Il centenario dalla nascita di Fedele Romiti, per tutti semplicemente Fedele, indimenticato gestore del bar delle due facoltà, al piano terra del palazzo. Fedele era amico di docenti e alunni, specie di quelli che frequentavano più corridoi e panche che aule. Un amico ruvido e di gran cuore. Ricordarlo, è stato un po' tornare giovanissimi (ma nell'intimo, tutti i partecipanti al ritrovo lo sono ancora) e rievocare un tempo che non tornerà. La certezza che non tornerà la offre l'avvenuto trasferimento delle due facoltà in un moderno edificio di Novoli e soprattutto tre macchinette distributrici di caffè, bibite e merendine, indegne eredi di Fedele, là dove c'era il bar. Ideatore dell'iniziativa conclusasi al ristorante, Edoardo Adacher, rettore e memoria della goliardia fiorentina e di quella radicata a Giurisprudenza. Dal suo archivio è tratta la foto che lo vede (al centro: a sinistra c'è Talamo) insignire Fedele di un'onorificenza goliardica.

Ecco, di seguito, il ricordo del barista firmato dallo stesso Adacher.
Il 1 febbraio 2020 Fedele Romiti (01.02.1920 – 29.09.2004) avrebbe compiuto cento anni. In un anno costellato da tanti Centenari di importanti personaggi delle arti e della cultura (Fellini, Biagi, Consagra, Rodari, Cavandoli, Artusi etc.) quello di Fedele è la nota di un altro spartito. Vediamo perché.
Il grevigiano trapiantato a Firenze Fedele Romiti ebbe in gestione il bar delle due Facoltà di via Laura 48 (Legge e Scienze Politiche) dal 1976 al 1986, più o meno il periodo in cui l’ho frequentata anch’io, che dal 1981 al 1984 fui anche Gran Corno del Placido Ordine della Vacca Stupefatta, sovrano in Giurisprudenza. Da studente-modello qual ero, trascorsi molto più tempo nel bar di Fedele che in tutte le aule universitarie messe insieme. Posso pertanto dire di averlo conosciuto piuttosto bene.
Fedele aveva la furbizia, l’ignoranza, la tirchieria e il linguaggio del contadino di una volta. Oltre che, ovviamente, i tratti fisici, le movenze, le posture e l’abbigliamento. Quando s’incazzava, cioè spesso, ma il più delle volte per colpa o dolo degli studenti che affollavano il suo bar, lo spettacolo era garantito. Ci fossero stati i videotelefonini, sarebbe diventato un divo del web: il celebre liutaio di Sesto Fiorentino potrebbe benissimo essere un suo degno allievo. Era grezzo e sguaiato al di là dell’umana immaginazione: ma sotto i suoi grembiuli stazzonati, all’altezza del taschino cucito sull’immancabile camicia a quadri batteva un cuore d’oro.
Lo nominai Cavaliere del Placido Ordine il 10 febbraio 1983, alla fine di “Oscene in un Convento - Ubi Vulva Clerus Cessat”, Operetta Goliardica che rappresentammo al Jazz Club, birreria fiorentina tuttora esistente e rimasta uguale ad allora (foto in alto). Fedele, in quell’occasione, per festeggiare il prestigioso insignimento fu costretto a pagarci da bere. Spese non meno di 50.000 lire, 100 euro di adesso, e da quel giorno fino a quando lasciò il bar di via Laura ogni volta che volevamo assistere ad uno dei suoi esilaranti sproloqui, bastava ricordarglielo. Leggendari i resoconti delle sue esperienze erotiche giovanili. Vere o vagheggiate, cosa importa? Ce li narrava in rare occasioni, più o meno una volta l’anno, a porte chiuse e alla presenza di soli maschi, in un silenzio paragonabile a quello che otteneva il prof. Giovanni Fabbrini durante le lezioni di Procedura Civile. Il lessico era da caserma, ma nelle sue parole c’era anche della poesia. Una volta definì il frangente di un incontro amoroso con un’immagine che non scorderò mai: "a doppio rigo col punteggio". Cosa significasse, è rimesso alla fantasia sua e di ciascuno. Alla fine della narrazione, durante la quale esibì doti mimiche non comuni, ci fu un lungo applauso, e tutti noi astanti ci mettemmo educatamente in fila per stringergli la mano. Avevamo assistito ad una vera e propria lectio magistralis.
Nel suo bar, grande come una sala da pranzo piccola, sono nati amori e tradimenti, amicizie e rivalità, alleanze e cospirazioni. Tutto sotto gli occhi di Fedele, impassibile o partecipe, indifferente o complice a seconda dei casi e delle persone. Gli abbiamo voluto tutti molto bene, e tuttora gliene vogliamo. Quando una ventina d’anni fa creammo una selezionatissima confraternita di ex studenti di via Laura 48, l’Accademia della Panca, il principale requisito di ammissione era il riconoscimento da parte di Fedele.
Sono certo che il Creatore, ad ulteriore dimostrazione della sua infinità bontà, nonostante tutto gli abbia aperto le porte del Paradiso. W Fedele!
Edoardo Adacher