MARCO
Cronaca

Ero furioso, la chiamai al telefono: "Vieni subito a casa mia"

Lei si sedette placida su una sedia, il che aumentava la rabbia. Tutte le cose erano sparpagliate

Vichi

Ma perché quella misteriosa creatura aveva voluto dividere quella "famigliola" che stava insieme da sempre? Non riuscivo a trovare una spiegazione... Poi una cosa assurda: lungo il corridoio c’erano i miei elastici per portabagagli, i ragni, tesi allo spasimo da un tubo all’altro del riscaldamento, a due metri e mezzo di altezza, a formare un reticolo di cui era difficile capire il significato.

E sotto il letto trovai una corda che andava da una delle zampe del letto a quella centrale della rete a doghe, un vero mistero... provai a immaginare ogni possibilità, anche fantasiosi giochi erotici, ma i ragni tesi tra i tubi del riscaldamento e la corda sotto il letto non erano facili da collegare a cose del genere. Davvero non capivo, e soprattutto ero furioso. Quando trovai un buco di sigaretta sul piumone danese, mi uscì un ringhio… Eppure mi aveva detto che non fumava! Dormii male tutta la notte. La mattina dopo chiamai l’inquilina e le chiesi di venire il prima possibile da me, dovevamo parlare. Va bene, disse serafica. Si presentò nel primo pomeriggio con aria candida, e ci sedemmo in salotto, come due persone civili. Mi sorrise.

"Che succede? Al telefono ti ho sentito un po’ agitato". "Succede che in questa casa hai spostato qualunque cosa.. Ho faticato a ritrovare ogni singolo oggetto... Senza contare quei ragni agganciati ai tubi e la corda sotto il letto, non capisco... Ma soprattutto ho trovato il mouse spaccato come se fosse stato scagliato contro il muro... Puoi spiegarmi perché diavolo hai fatto tutte queste cose?" dissi, cercando di contenere la rabbia.

Lei mi guardava senza dire nulla, ma nel suo sguardo mi sembrava di leggere una certa compassione per me, per un povero uomo incapace di cogliere il senso di verità inconfutabili. "Sto aspettando la tua risposta... Perché hai spostato tutto in questa casa? Oggetti non tuoi che avevano il loro posto deciso da me... A che ti serviva fare una cosa del genere?" la incalzai.

Lei si lasciò sfuggire un lungo sospiro e un sorriso, unì le ginocchia e staccò la schiena dallo schienale del divano. "Be’, semplicemente ho messo le cose al loro legittimo posto". "Eh? Cosa vorrebbe dire al loro legittimo posto?" Ero sbalordito. "Le ho messe dove dovevano stare, non è difficile da capire". "Sì che è difficile... Quelle cose dovevano stare dove le ho messe io, nessuno ha il diritto di spostarle". "Be’, si vede che di certe cose non sai nulla..." "Allora spiegamelo tu!" Mi usciva il fumo dagli orecchi. Lei invece era molto tranquilla. "Ogni cosa ha il suo posto" disse di nuovo, come se fosse ovvio. "E chi è che lo dice? E soprattutto quale sarebbe questo posto?" "Facilissimo... Basta interrogare le cose...". "Le cose..." "Certo, le cose... Se tu chiedi, loro ti rispondono e ti dicono dove devono stare, mi sembra così chiaro". "Ah..." dissi preoccupato, mentre lei continuava. Nei suoi occhi vedevo brillare una luce che non mi piaceva per niente. "Tutte le cose che ho trovato in questa casa erano insoddisfatte del posto in cui erano state messe, e io ho reso loro giustizia, e mi hanno ringraziato. Dovresti farlo anche tu". "Certo... hai ragione..." mormorai, e intanto pensavo: Dio mio. Lei si stava animando, tutta contenta, come se avesse davanti un bravo scolaro.

"Ad esempio, quando la polizia trova un coltello piantato nella schiena di qualcuno, forse è semplicemente perché quel coltello ha chiesto a chi ha saputo ascoltarlo di metterlo proprio lì dove doveva stare, cioè conficcato nella schiena di quella persona... Capisci cosa voglio dire?". "Capisco, certo... Nessun problema, adesso è tutto chiaro...".

"La polizia dovrebbe studiare di più certe faccende, invece di fare inutili illazioni". "Sì, ho capito...".

Mi alzai, la aiutai a infilarsi il cappotto, la accompagnai alla porta, aspettai che fosse uscita e chiusi bene a chiave. Adesso sì che avevo capito tutto...

2-fine