Economia, Irpet: la Toscana cresce più della media nazionale

La produzione industriale della nostra regione è cresciuta negli ultimi mesi a un ritmo superiore alla media italiana. Merito soprattutto delle esportazioni (4,9% rispetto ai valori dello stesso periodo del 2019

Un'operaia al lavoro (ImagoE)

Un'operaia al lavoro (ImagoE)

Firenze, 13 ottobre 2021 - Siamo ripartiti. E con buona velocità. “Parallelamente ai progressi della campagna di vaccinazione e al graduale allentamento delle restrizioni, la ripresa del ciclo economico prosegue in Toscana in modo accelerato”.  lo mette nero su bianco Irpet nell’ultimo aggiornamento trimestrale del quadro economico regionale.  A muoversi questa volta sono però anche i consumi interni, come conferma soprattutto l’andamento dei dati sulla mobilità delle persone nei luoghi del tempo libero.  Va detto che, tra le regioni italiane più avanzate, la Toscana tuttavia rimane quella più colpita dal punto di vista industriale dall’impatto della pandemia. L’Italia registra infatti a luglio +0,1% rispetto a gennaio 2020. Ancora meglio Veneto (+1,0%), Lombardia (+0,8%) ed Emilia-Romagna (+0,9%). In questo senso la Toscana sconta le difficoltà dell’industria della moda, che si conferma ancora lontana dal livello prepandemico. Nel complesso tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature sono ferme ad un livello di produzione che rappresenta meno del 90% rispetto ai valori pre-crisi. Le altre produzioni rilevanti per il sistema economico regionale, hanno invece sostanzialmente recuperato il livello pre-pandemico. In particolare, scrive Irpet “ se i prodotti agricoli e quelli dell’industria agroalimentare, oltreché quelli farmaceutici, hanno in realtà proseguito su un sentiero positivo già percorso anche nel corso del 2020, il recupero dei valori pre-crisi di esportazioni sta coinvolgendo adesso un sempre più ampio numero di produzioni: dai mezzi di trasporto alla gioielleria; dai prodotti chimici ai macchinari”. Alcuni segnali di miglioramento si registrano anche nel mercato del lavoro. A maggio di quest’anno il numero di avviamenti ha superato i livelli del 2019 e questo si è verificato fino ad agosto segnando un +5% sugli stessi mesi dell’anno pre Covid. I primi quattro mesi del 2021 sono stati, però, particolarmente poveri di occasioni lavorative con solo 9mila avviamenti in più rispetto ai corrispondenti mesi del 2020, segnati dal crollo delle assunzioni di aprile, e ben 66mila in meno sul 2019 (-32%). Le nuove occasioni di lavoro create sono state pressoché esclusivamente, a termine. Sono, infatti, calati i dipendenti a tempo indeterminato (-4mila negli otto mesi considerati) nel corso dei primi mesi del 2021. Il confronto con i risultati del 2019 evidenzia la “precarizzazione” della crescita occupazionale. Nell’anno pre-pandemia, infatti, erano stati creati 16mila posti di lavoro indeterminati, un dato questo che arrivava a determinare un aumento dei contratti stabili di circa 23mila unità.

Si tratta di una ripresa duratura? Su questo Irpet è cauta. Va visto infatti cosa accadrà nei mesi futuri in quanto, come sottolinea Irpet, “l’uscita dalla crisi è avvenuta in modo più rapido ed intenso in virtù prevalente del segno espansivo delle politiche di bilancio”. Con il progressivo ritorno alla normalità, l’intervento e il sostegno pubblico tornerà tuttavia, inevitabilmente, ad essere più selettivo.

“In questa ottica -specifica l’istituto di ricerca- un ruolo centrale lo giocheranno gli interventi contenuti nel PNRR. Resta sullo sfondo, non ancora del tutto estirpato, il rischio che il quadro sanitario possa all’improvviso mutare. E con ciò compromettere la ripresa dei consumi interni e/o delle esportazioni”.

Ed è  proprio questa incertezza, conclude IRPET "che porta operatori e consumatori, a tenere alta la propensione al risparmio, mettendo il freno agli avviamenti a tempo indeterminato".

 

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro