AMADORE AGOSTINI
Cronaca

Ammazza il babbo e la nuova compagna. Poi va al bar per un caffè / FOTO / VIDEO

Il giorno più lungo di Dario Capecchi: dopo il duplice omicidio la fuga in autostrada. "Me l’ha detto l’Isis"

Dario Capecchi mentre viente portato via dai carabinieri (fotocronache Germogli)

Impruneta (Firenze), 1 luglio 2018 - Da fuori una tenda sdrucita che un tempo voleva a tutti i costi essere bianca, magari a righe, sembra voler stendere un velo di pietà sopra una morte orrenda. In una strada pomposamente intitolata a Luigi Longo, illustre politico, c’è un gruppo di case popolari addossate l’una all’altra. Le pareti sembrano di cartone così che tutti sentono rabbie e dolori degli altri. Nella notte, sarà stata l’una e mezzo comunque prima delle due, Dario Capecchi ha discusso di nuovo con il padre Osvaldo. Lo hanno sentito i vicini. Non era una novità, però la lite stavolta è stata secca, ma piuttosto burrascosa. Oddio certe cose non sono mai uguali.

Fatto sta che qualcuno sente una sorta di lamento. Una voce flebile, di donna. Non si capisce cosa dice, non sembra chiedere aiuto e la cosa finisce lì. La mattina, poche ore dopo, i vicini scopriranno che quello era l’ultimo lamento di Patrizia Manetti, 69 anni, da qualche anno nuova compagna di Osvaldo. Il suo corpo martoriato di coltellate, era stato trovato intorno a mezzogiorno da Fabio Capecchi, il fratello del killer, presunto finora. I carabinieri del Reparto Operativo di Firenze, col tenente colonnello Carmine Rosciano, trovano il corpo del padre all’ingresso dell’abitazione. E’ stato massacrato a coltellate nel letto, accanto alla compagna che viene trovata ai piedi dello stesso letto. Lui evidentemente ha cercato di trovare scampo per le scale, di correre a chiedere aiuto. Ma non ce l’ha fatta. Patrizia Manetti forse si è rovesciata giù dal letto e trascinata fino ai piedi del matrimoniale. Il letto è inzuppato di sangue, sangue che è schizzato a fiotti fino alla testiera e alla parete. Dario è stato sentito uscire di casa verso le 2,30 della notte. Ma anche questo, per lui, non era neppure troppo strano quindi nessuno si è insospettito. Lo hanno sentito sbattere la portiera della sua Panda nera e arancione, inconfondibile, e allontanarsi sgommando come un pazzo. Poi il silenzio. Fino all’allarme lanciato dal fratello. Fino alla caccia all’uomo.

Dario potrebbe essersi fermato al cimitero di Impruneta dove è sepolta sua madre. E’ una segnalazione che deve essere confermata e che serve per riempire tutti i tempi morti della ricostruzione, anche quelli più piccoli, ma che nella sua drammaticità non cambia nulla del dramma in sé. Qualcuno poi racconta di averlo visto verso le 8 del mattino in un bar della zona a fare colazione. Poi un nuovo avvistamento al laghetto di pesca della ‘Botte’ a San Casciano in Valdipesa. I carabinieri ci vanno di corsa ma lui non c’è. O non c’è mai stato, è uguale. Il cellulare di Dario è ‘spento o non raggiungibile’ quindi non è possibile tracciarlo. All’improvviso, alle 12,32 arriva un segnale da località La Chiusa a Calenzano. Alle 14,27 una pattuglia della Polizia Stradale, allertata dai carabinieri, trova la Panda di Dario abbandonata sulla corsia d’emergenza in Autosole, direzione nord al chilometro 273 località Calenzano. La macchina è vuota, le chiavi non sono nel cruscotto e neppure nell’auto. Non c’è neppure un coltello o altro oggetto da punta e taglio. Poco dopo, durante una battuta, i carabinieri rintracciano il fuggitivo a Le Croci di Calenzano. Sono le 14,50. Dario si fa ammanettare senza opporre resistenza. Farfuglia parole senza senso: «Me lo ha detto l’Isis». Non ha armi addosso. Viene portato a Borgognissanti per essere interrogato dal magistrato Massimo Lastrucci.