De Pisis, Paolini, Vitone: tris al ’900

Le mostre al museo di piazza S.M.Novella mettono in confronto tre artisti e tre generazioni diverse

Migration

di Olga Mugnaini

Filippo de Pisis e Giulio Paolini. Così diversi eppure per certi aspetti vicini, a tratti, in un percorso artistico che li accomuna nella ricerca dell’inafferrabile e della sospensione temporale. E poi Luca Vitone, che parte da un dipinto di De Pisis per elaborare una sua scultura ’olfattiva’.

Il confronto avviene al Museo Novecento, con tre mostre, da oggi al 7 settembre, che mettono in relazione tre artisti e tre generazioni diverse, in un gioco di incastri e rimandi fatto di strategie concettuali e passioni artistiche e letterarie.

Filippo de Pisis (Ferrara, 1896 - Milano 1956), esclettico pittore e letterato ferrarese, è affiancato in prima battuta da uno dei grandi protagonisti dell’arte italiana e internazionale dagli anni Sessanta ad oggi, qual è Giulio Paolini (Genova, 1940). Le loro opere funzionano come rebus e allegorie, dove gli oggetti e gli elementi del loro repertorio visivo chiedono di essere decifrati per entrare nel gioco misterioso e spiazzante dell’arte, il cui significato ultimo rimane l’inafferrabile. Non a caso si intitola "L’illusione della superficialità" la mostra di De Pisis, a cura del direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti e di Lucia Mannini: oltre quaranta opere raccontano la magica e misteriosa sospensione tra realtà e irrealtà che aleggia nelle sue nature morte.

"Quando è il presente?" è il titolo che riunisce i lavori di Paolini, ripreso da una lettera scritta nel 1922 da Rainer Maria Rilke a Lou Andreas Salomè, da cui l’artista trae spunto per una propria meditazione sul tempo e sull’impossibilità di afferrarlo, combinando gli interrogativi sul ruolo dell’arte e la figura dell’artista con quelli sull’esistenza e il suo fluire. A Firenze è protagonista così di un progetto espositivo inedito, che riunisce opere della sua produzione più recente in dialogo con l’architettura rinascimentale delle sale al piano terra del Museo Novecento, a cura di Bettina Della Casa e Sergio Risaliti. E poi il Museo di San Marco: Paolini ha più volte dichiarato il suo amore per Beato Angelico. Da qui il suo collage incorniciato e allestito su un cavalletto ispirato al celebre affresco del ’Noli me tangere’ conservato nel convento di San Marco, esposto proprio all’interno della cella omonima di fronte al dipinto del frate domenicano.

Infine Luca Vitone (Genova 1964) , che entra nella costruzione del progetto espositivo con una serie di opere site-specific della mostra "D’après". In collaborazione con Maria Candida Gentile, ha creato una stanza pervasa dal profumo di un fiore dipinto nella tela ’Il gladiolo fulminato’ di De Pisis , volutamente non presente in mostra. In un’altra sala, ha recuperato dallo studio di Giulio Paolini della polvere, diventata materiale pittorico per realizzare un acquarello che attraverso questo espediente vuole mettere in scena l’atelier dell’artista.

è arrivata su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro