Dachau, madre e figlio "guide" virtuali del viaggio della memoria

La visita di qualche anno fa al campo di sterminio nazista è diventata un "docu-articolo". Ilaria, 41 anni, di Campi Bisenzio è in cassa integrazione e ha deciso di sostenere il figlio Manuel in questo progetto utilizzando le sue competenze e la passione per i viaggi intorno al mondo

Uno scatto del campo di Dachau fatto da Manuel

Uno scatto del campo di Dachau fatto da Manuel

Campi Bisenzio, 28 gennaio 2021 – Un bambino racconta il viaggio a Dachau e con l'aiuto della mamma diventa un “docu-articolo”. Il lavoro di Manuel è stato apprezzato anche a scuola e la storia di questo blog nasce proprio con l'emergenza Covid. Ilaria e Valentina sono due amiche che si sono conosciute 13 anni fa sul posto di lavoro.

“Abbiamo condiviso divertenti avventure – raccontano - affrontato tante bufere e superato tanti ostacoli. Ci lega una profonda amicizia e una reciproca stima. Oltre ad essere mamme, siamo appassionate di viaggi. Ci piace viaggiare e condividere ogni viaggio che facciamo. Nel corso degli anni più volte abbiamo pensato ad un nostro “blog di viaggi e curiosità”, ma il tempo non era mai dalla nostra parte. Forse semplicemente non era il momento giusto”. Il momento giusto è arrivato l'anno scorso con la cassa integrazione e più tempo a disposizione e loro hanno deciso di offrire gratuitamente questo tempo per far viaggiare la gente sul web. “Viviamo in un mondo quasi paralizzato da questa Pandemia – proseguono - non sappiamo quanto ancora durerà tutta questa sofferenza e paura. Dobbiamo continuare a coltivare i nostri obiettivi e le nostre passioni. Attualmente non possiamo fare grandi viaggi, ma possiamo sognare, rivivere vecchie esperienze e pianificarne tante altre. E’ questa la “sindrome di wanderlust” che abbiamo dentro e nessuno potrà convincerci a cambiare”. Il blog si chiama infatti www.amicheinwanderlust.it.

La visita a Dachau Ilaria Innocenti e la sua famiglia l'hanno fatta durante un viaggio a Monaco di Baviera e l'avvicinarsi del 27 gennaio è stata l'occasione per ripensare a quella tappa e renderla fruibile a tutti. L'articolo è il diario di Manuel che documenta la storia e la composizione del campo, con tanti richiami storici che possono essere utili anche in ambito scolastico: “All’entrata del campo di Dachau – scrive Manuel - si trova la scritta “Arbeit macht frei“ che in italiano significa “Il lavoro rende liberi”. Entriamo varcando un cancello in ferro battuto con questa scritta dai caratteri orribili e macabri, come fosse un avvertimento su ciò che ci aspetterà. Il cartello apparve per la prima volta qua a Dachau nel 1933, dopodiché nel 1940 venne utilizzato anche per il campo di concentramento di Auschwitz. Il campo di concentramento di Dachau ha grandi spazi vuoti, grandi quanto è il vuoto che ti senti dentro. Camminiamo sulla ghiaia con una sensazione di incertezza e di incredulità. Percepiamo una sensazione di timore nell’andare oltre una baracca o nel varcare una porta e perfino nel leggere una didascalia. La sensazione di timore ci coinvolge e ci pervade anche nel fare una semplice fotografia. La guida che ci ha accompagnati ha sempre utilizzato un tono di voce basso, in segno di rispetto per tutte le sofferenze che qui sono state vissute”.

“Portare Manuel – dice Ilaria - a visitare il campo di concentramento di Dachau, anche se ancora piccolo, è stata comunque una scelta voluta. Ci sono luoghi ed emozioni che difficilmente potranno essere cancellate e siamo sicuri che questo ricordo rimarrà per sempre nella sua memoria. Ne abbiamo avuto conferma l’anno scorso. Infatti, come argomento principale per la “tesina” di terza media, Manuel ha portato la “Shoah”. Con un interessante approfondimento sulla visita del campo di concentramento di Dachau ha dimostrato come molti ricordi e sensazioni gli siano rimasti dentro. Noi siamo sicuri che certamente serviranno anche per il suo futuro.

Ricordo un momento particolare durante la nostra visita a Dachau. In un punto del campo, dove durante gli anni dell’orrore erano edificate delle baracche, ho visto Manuel chinarsi e raccogliere un piccolo sassolino bianco. Lo mise in tasca per conservarlo come ricordo di quel posto. A distanza di anni, quel sassolino si trova ancora oggi nella sua camera e guai a chi lo tocca! Un piccolo gesto, ma per la sua giovane età ha significato molto”. Dalla selezione primaria dei prigionieri alle camere a gas: Manuel racconta, con grande sensibilità unita al crudo realismo, ogni pezzo di Dachau che ha visto. E poi il crematorio: “Questo forno crematorio – scrive - fu costruito nell'estate del 1940. Quando incominciarono ad arrivare i prigionieri stranieri il tasso di mortalità aumentò notevolmente. L'anno successivo stava già lavorando oltre le capacità. Questo forno crematorio rimase in funzione fino all'aprile 1943. Furono cremati circa 11.000 prigionieri. A Dachau c'è il museo da visitare, con fotografie e oggetti e le testimonianze dirette degli orribili esperimenti che i medici nazisti effettuavano sui prigionieri. Sono 200.000 i prigionieri che tra il 1933 e il 1945 sono stati deportati al campo di concentramento di Dachau. Di questi, sono invece circa 40.000 le persone che non sono mai più uscite.

Al momento della liberazione del campo di concentramento da parte degli Alleati, erano circa 3.000 gli italiani prigionieri”. Il docu-articolo si chiude con varie informazioni utili sul viaggio: l'ingresso a Dachau è gratuito, il parcheggio è a pagamento solo nei mesi da marzo ad ottobre; per gli orari e giorni d’apertura c'è un link diretto: https://www.kz-gedenkstaette-dachau.de/it/visita/orario-di-apertura/. Sul blog di Ilaria e Valentina ci sono anche guide ad altri tipi di viaggi, decisamente più leggeri: dalle capitali ai parchi di divertimento.

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