Con Luzi, il giorno della poesia

Francesco

Gurrieri

Il 21 marzo, ieri, è stata la Giornata mondiale Unesco della poesia. E allora rivado a un episodio che fa ormai parte della storia di questa città. Alla fine degli anni ’90 Raffaello Torricelli aveva organizzato un incontro di perorazione presso l’Ente CR Firenze, per portare a Firenze il “Premio Betocchi” nato a Piombino. Fra i presenti, con Sauro Albisani – allora giovane poeta, stimato da Betocchi – c’era Mario Luzi, a testimoniare la sua trepidazione per l’amico scomparso, la cui poesia l’aveva accompagnato per l’intero suo Novecento; per lui era una spinta etica che lo spingeva a chiedere dei ‘risparmi pubblici’ per onorare la poesia di Betocchi, ma poneva anche la condizione che trattandosi di Betocchi anche il Comune dovesse far parte attiva del nuovo impegno nel premio con una gamba a Firenze, pur conservando quella di Piombino, riconducibile a Luisi. Luzi era venuto dalla casa di Bellariva in autobus e poi a piedi non senza qualche fatica. Da qualche tempo il volto è provato, gli occhi più serrati del solito, la voce appena ancora più flebile; ma con la volontà di sempre, con l’autorità etica che lo contraddistingue e che gli è riconosciuta. Così, finito l’incontro, usciamo su via Bufalini incamminandoci verso i taxi che ora si trovano dietro l’abside del Duomo. Ha la sua giubba di pelle, Luzi: una giubba che gli conosciamo e che indossa dal settembre all’aprile. E’ una mattina luminosa e il selciato è carezzato dal sole. E’ una bella fortuna camminare con lui, guardare insieme le tante vite che si sfiorano disattente. Ha un buon passo il poeta, appena turbato da un’improvvisa sirena della Misericordia e dai soliti sfreccianti motorini. Mi dice del suo disagio nel prendere l’autobus per la troppa gente che l’affolla. Poi gli apro la portiera del taxi, un sorriso e ci scambiamo un affettuoso ’A presto!’.

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