
Giovanni
Morandi
La scuola elementare Giovanni Villani a Gavinana può essere un buon esempio per raccontare che cosa succedeva il primo giorno di scuola sessant’anni fa in modo da confrontarlo con la riapertura delle scuole di oggi. Non per fare del colore e dire che i maschi avevano il grembiule nero, goletta inamidata e un fiocco blu mentre le femmine grembiule bianco e fiocco rosa. Ma per confrontare la mentalità di allora con quella di oggi. Oggi quei bimbi sono nonni e la Villani è frequentata dai nipoti e la prima considerazione da fare è che è ancora lì quella specie di caserma, non bella ma solida, segno che fu fatta con criterio perché tante scuole sono meno datate eppure sono già dei ruderi. Dunque vediamo quali sono le differenze tra allora e ora. Innanzitutto c’erano tanti poveri ma non tanti rassegnati come ci sono oggi. Si tendeva più a reagire che a lamentarsi. E se c’era qualche problema cercavano di risolverlo. Tipo il boom demografico degli alunni venne risolto in modo semplice, facendo i doppi turni, mattina e pomeriggio, senza tanti drammi. E se lavoravano tutt’e due i genitori, i figli venivano tenuti a scuola in entrambi i turni, uno per la didattica e uno per il doposcuola. Così come per la scarsa nutrizione, c’era davvero chi aveva fame, cominciarono a darci, a metà mattinata, dei bicchieroni di latte caldo. Così come fornivano i libri alle famiglie che non potevano comprarli. Erano altri tempi, si dirà, però le cose funzionavano. Non si inventavano i banchini con le rotelle per combattere la pandemia. Non buttavano via il denaro, perché non ce n’era. Prevaleva il senso pratico sull’inconcludenza delle circolari o delle leggi. Come l’ultima, che è di questi giorni e di cui ci ha parlato Ilaria Ulivelli. La misurazione della qualità dell’aria nelle classi e il dilemma su chi debba farsi carico di questo compito, che fra l’altro confligge con la riduzione della temperatura dei radiatori per contenere i consumi. La questione sembra facile, se non fosse stata sollevata alla vigilia del nuovo anno e riguarda l’abbassare o l’alzare i termosifoni e l’aprire e il chiudere le finestre per assicurare la qualità dell’aria ma non tanto aprire per evitare il troppo freddo e non tanto chiudere per non rischiare il troppo caldo. E il problema è trovare chi dovrebbe misurare cosa e quando. Stravaganze che un tempo non sarebbero state nemmeno immaginate. Le avrebbero girate al manicomio.