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Carabiniera suicida, esposto in procura di Unarma
Una lettera fiume indirizzata a Unarma, l’associazione sindacale dei carabinieri. È quella inviata dalla famiglia Beatrice Belcuore, la 25enne originaria di Castelnuovo di Farfa che si è tolta la vita il 22 aprile, sparandosi con la pistola di ordinanza alla scuola marescialli di Firenze. All’interno è contenuto un appello per trovare la verità e far luce sul fenomeno dei suicidi in uniforme. Ma anche frammenti di racconti e testimonianze che la giovane faceva di quanto vissuto alla scuola e di regole giudicate in alcuni casi eccessivamente rigide. Gli stessi che saranno raccolti dal sindacato e portati, tramite un esposto, domani alla procura di Firenze. Fra gli episodi descritti c’è quello di ottobre 2023. "Beatrice - si legge - aveva contratto il Covid con associati sintomi febbrili e respiratori, malgrado le sue condizioni fossero precarie e la malattia contagiosa a lei veniva ordinato di recarsi nel luogo di adunata, tutte le mattine alle 6.15". Il padre venuto a sapere della situazione, spiega la famiglia, provò a contattare l’Ufficiale Comandante di Plotone della giovane per chiedere spiegazioni. "In tutta risposta - scrivono - l’Ufficiale affermava con tono perentorio e arrogante che la telefonata risultava essere non gradita e che gli stava causando una perdita di tempo prezioso". Tra gli altri episodi anche la perdita del ’diritto di pernotto’ in caso di voti troppo bassi agli esami o l’obbligo di tenere le porte aperte delle camere o su come vestire in libera uscita. Secondo la famiglia, Beatrice avrebbe manifestato molti sintomi attribuibili a una "condizione di forte stress psicofisico, difatti riferiva alla madre che stava perdendo i capelli e non ne poteva più di sottostare a quelle ‘regole’ che si insinuavano in ogni ambito della propria vita. Inviava spesso le foto di come era costretta a vestirsi in abiti borghesi, del fatto che doveva necessariamente tenere i capelli raccolti, tirati al punto e che li stava perdendo anche per andare in piscina. Diceva sempre più spesso alla mamma: questa scuola mi sta rovinando la vita".