Marcello Mancini
Cronaca

Campaini, 41 anni sul trono Coop. "Troppa competizione, un errore" / LA VIDEOINTERVISTA

«L’impresa non è un partito». «Il sindacato? Da cambiare»

Turiddo Campaini

Firenze, 16 luglio 2014 - TURIDDO CAMPAINI sembra uscito da un mondo lontano, imbottito di principi, di valori e della cultura di sinistra-sinistra che fa fatica a trovare un posto nel partito erede del Pci. Dalla Cooperativa del popolo di Empoli è diventato - lo è stato per più di quarant’anni - capo di Unicoop Firenze: ha costruito un gigante della cooperazione (la critica: troppa benevolenza delle amministrazioni di sinistra), ha ignorato le sirene della politica - sindaco di Montelupo, sindaco di Firenze - ha commesso qualche errore strategico (di cui preferisce non parlare), ma il tempo non l’ha sgualcito. Non ha mai rilasciato interviste, salvo rare eccezioni. Accetta di farlo con La Nazione all’indomani del «passo indietro» che ha deciso di compiere. Non troppo «indietro» però, non si sa mai. 

Campaini, lei ha 74 anni, perché ha lasciato la presidenza di Unicoop? Anche Caprotti, il suo concorrente di sempre, che ha 88 anni, si è meravigliato.  «Potrei cavarmela con una battuta :”Ho pensato che non essendo più Caprotti alla guida di Esselunga, non mi sarei più divertito”. In effetti, avevo ricevuto sollecitazioni da parte del Consiglio di Sorveglianza e del Consiglio di Gestione, oltre che dai più diretti collaboratori, a restare ancora. Ma la mia decisione era stata presa nel 2011. Ho poi dato la mia disponibilità alla richiesta di dare una mano, per “accompagnare” il nuovo gruppo dirigente. Si è detto che lei era a capo di un potere monarchico.  «Se così fosse, vorrei sperare di essere stato un monarca illuminato. Non si può resistere tanto tempo se non produciamo risultati concreti e visibili».  Tempo fa c’è stata qualche polemica circa la presunta maggiore bravura dei cooperatori emiliani rispetto a quelli toscani.  «Sul confronto con gli emiliani, sarebbe interessante che ci ripetessero qualcosa oggi, confrontando davvero la nostra Cooperativa con tutte le altre, sulla base della consistenza patrimoniale, della efficienza dell’impresa e della socialità».  Loro sostengono che sia sbagliato stare troppo tempo al comando della Cooperativa.  «Vorrei semplicemente far capire che i parametri della politica non possono essere usati per l’economia, per l’impresa, per il mondo del volontariato, per la società civile in generale. Esselunga, la migliore impresa nella distribuzione privata in Italia, è stata guidata da Bernardo Caprotti per oltre 50 anni. Il secondo gruppo per efficienza, Finiper, lo ha diretto Marco Brunelli per oltre 40 anni. In Francia, Carrefour ha iniziato a declinare quando il fondatore Defforey ha lasciato dopo una trentina d’anni».  La rottamazione è un sostantivo estraneo al suo vocabolario?  «Se una persona ha un problema legale serio, si rivolge all’avvocatino di prima nomina o cerca un avvocato bravo ed esperto? Se ha una malattia importante, si rivolge a un giovane medico con poca esperienza o si affida ad un medico di grande esperienza e capacità dimostrata nei fatti ? Certo, se siamo di fronte a una situazione incancrenita, serve qualcosa di analogo a una rivoluzione, ma quella è l’eccezione». Felice? «Si, per aver realizzato qualcosa di importante perfettamente in linea con i miei valori».  Ha avuto amici ?  «Tanti sono quelli che mi hanno voluto bene. Amicizie non ostentate, ma vere e profonde. Sono stato baciato dalla fortuna che mi ha consentito di vivere gran parte della mia vita in questa Cooperativa e ci ho vissuto proprio volentieri , in mezzo a quel “ branco di bischeri”, che sono però riusciti questa Cooperativa a farla grande».  Perché si è tenuto fuori dalla politica? «La politica non fa per me. Gli insegnamenti di Machiavelli sono talvolta troppo duri perché io possa digerirli. Quando mi hanno proposto incarichi anche importanti, ho detto : grazie, ma non posso, darei le dimissioni dopo pochi mesi».  Che rapporto ha avuto con il sindacato?  «Se non ci fosse, andrebbe inventato. Ora però ha bisogno di cambiare, di avere una visione più generale e meno corporativa, di far pesare di più il ruolo Confederale, perché solo a quel livello si possono tutelare gli interessi di tutto il mondo del lavoro e di chi il lavoro non ce l’ha; solo a quel livello si possono contenere le spinte corporative che nei vari settori e nelle grandi aziende inevitabilmente si formano. Le stesse norme vanno coraggiosamente riviste, per eliminare posizioni di rendita, per aiutare proprio il sindacato obbligandolo ad aprirsi e a riconquistare la centralità e la rappresentatività di cui il Paese ha bisogno.»  Il sentimento che ha dominato la sua vita?  «Il dovere» Se non avesse fatto questo mestiere, quale avrebbe voluto fare? «L’insegnante, per trasmettere agli altri conoscenze, riflessioni, esperienze, dubbi, incertezze e gioie: per crescere ed aiutare a crescere. Pensi: Unicoop Firenze è stata costruita quasi esclusivamente facendo crescere le persone dall’interno!»  Chissà quanta concorrenza per la carriera?  «Mi permetta una riflessione sul concetto di “competizione” ormai dilagante. Il concetto di competizione, mette l’uno contro l’altro, divide sempre fra vincenti e perdenti, spinge perfino a far affossare il concorrente pur di vincere. C’è troppa “scuola di competizione e di potere individuale”. E c’è troppo poca “scuola di umanità”. La società malata condiziona non solo l’aspetto etico ma si riflette anche sulle vicende economiche».  Come è cambiata la cultura di chi ha responsabilità nell’economia, nel sociale e della politica «Chi ha il potere dovrebbe misurare i termini della propria ambizione. L’ambizione individuale, quando è esasperata, finisce per essere più pericolosa della corruzione» E come si sconfigge la corruzione? «Vanno recuperati i valori alla base della convivenza civile. Se chi corrompe, o chi evade il fisco, è considerato un furbo, la piaga si cura male. Oltre a perseguire chi sbaglia, va recuperata una regola su tutte: il rispetto per gli altri».