
Nonostante la valuta sia virtuale, il crac della Bitgrail di Signa è concreto: lo ha stabilito il tribunale
Firenze, 28 gennaio 2019 - Fallita. Con un passivo da 120 milioni di euro. Sono cifre da capogiro quelle del crac della «Webcoin» e della «Bitgrail», società che si sono succedute in una sorta di banca on line per le criptovalute, le monete di internet, che aveva sede a Signa.
Ma sulla testa del proprietario /fondatore della piattaforma, Francesco Firano, continua a gravare un’inchiesta penale, perché si ipotizza che quel maxi ammanco che ha portato all’inevitabile fallimento, dichiarato nei giorni scorsi dal tribunale di Firenze, non sia stato causato, come dice lui, da un «buco» nel sistema che avrebbe permesso a ignoti di accaparrarsi 17 milioni di «Nano».
Un «Nano», al momento in cui il pm Fabio Di Vizio ha depositato la richiesta di fallimento, valeva 5,85 euro, o 7,12 dollari: ecco fatto la cifra monstre di questo fallimento. Inevitabile, perché la società di Firano, in stato di illiquidità, non è stata capace di restituire ai suoi clienti la criptovaluta in deposito sulla piattaforma al momento dell’ammanco, buco o furto che sia.
Gli utenti della Bitgrail non avevano accettato il piano di rientro che lo stesso Firano aveva proposto loro: ad ogni investitore, al posto dell’80% del proprio portafoglio sparito, era stato proposto uno strumento finanziario. Con questa storia, c’è chi ci ha rimesso, da solo, cinque milioni di euro.
La procura, con l’ausilio degli specialisti della polizia postale, sta ancora cercando di capire cosa sia accaduto. I sospetti sono tutti su Firano. Una perizia ha scoperto che «nei giorni tra il 2 e il 5 febbraio 2018, due giorni prima della comunicazione effettuata dalla Nano Foundation dell’avvenuto furto e 3 giorni prima della denuncia presentata, il Firano attraverso 9 operazioni sequenziali, ha depositato nel suo portafogli sulla piattaforma The Rock un totale di 230 bitcoin, criptomoneta che al cambio nel periodo di riferimento corrispondeva a circa 1.700.000 euro», essendo emerso che «i versamenti dei Bitcoin, sul wallet del Firano, provenivano da indirizzi riconducibili a quelli utilizzati dai clienti della BitGrail per effettuare i depositi sulla predetta piattaforma».
Secondo il pm Di Vizio, poi, Firano avrebbe anche tentato di ritirare presso sportelli Atm parte dei bitcoin depositati sull’exchange ’The Rock‘.
Le indagini hanno anche accertato che il titolare di Webcoin avrebbe maturato profitti, su scambi e prelievi degli utenti della sua piattaforma per quasi due milioni di euro in un periodo assai ristretto, tra il 1 novembre 2017 e il 30 gennaio 2018.