SANDRO BUGIALLI
Cronaca

Amici Miei a La Nazione, che ricordi. "Cercano un giornalista, ci vai tu?"

Sandro Bugialli racconta quel giorno passato alla storia del cinema

La troupe di "Amici Miei" gira nella tipografia de La Nazione (foto NewPressPhoto)

Firenze, 6 settembre 2017 - Una telefonata dal giornale, nella notte di Philadelphia, mi ricorda della scomparsa di Gastone Moschin. Sì, lo so, certo: è morto l’ultimo degli “Amici Miei”, l’architetto Rambaldo Melandri, gentile nei modi, raffinato anche nel vestire, cinico e generoso nei sentimenti. Ha raggiunto il Perozzi, capocronista de La Nazione, il professor Sassaroli, il conte Mascetti, il Necchi, padrone del bar dove venivano progettati i perfidi scherzi.

Gastone Moschin dopo Adolfo Celi, Ugo Tognazzi, Renzo Montagnani, Philippe Noiret e Duilio Del Prete (padrone del bar nel primo atto del film). E il magnifico regista di tutto Mario Monicelli. Già, perché la telefonata dal giornale? Perché nella mia avventura professionale a La Nazione per puro caso mi è capitato di entrare, seppure dalla porta di servizio, in uno dei film di maggior successo della cinematografia nazionale, «Amici Miei atto II». Un “cult”, come si usa dire. Una mattina di tanti anni fa (1982) l’allora capo della redazione spettacoli, Claudio Carabba, mi dice: «Oggi Monicelli viene a girare in tipografia una scena del suo nuovo film, il seguito di “Amici Miei”. Cercano un giornalista. Ci vai tu Sandro?». Ok, va bene. Mi danno il copione, imparo le mie battute, le adatto anche ad un gergo più giornalistico e nel pomeriggio si gira. In tipografia, dove non c’è più traccia né di piombo né di inchiostro sostituiti da tempo da cervelli elettronici, strisce di carta e banconi luminosi, ci sono il Perozzi ( Noiret) e il conte Mascetti (Tognazzi) col figlio del Perozzi datogli drammaticamente a pensione.

I due parlano. Io, sotto lo sguardo severo e burbero di Monicelli, devo interromperli per portare la notizia di un pullman precipitato in un fiume. Il Perozzi mi dice di aumentare di una unità il numero delle vittime per dare per morta anche l’amante e placare l’ira gelosa della moglie. I tempi di lavorazione del cinema, come si sa, sono lunghi. Una scena di pochi minuti provata, riprovata e girata per quasi tutto il pomeriggio. Poi tutto bene, strette di mano, pacche sulle spalle e arrivederci. Una piacevolissima emozione ripagata gentilmente da Monicelli con una bella penna accompagnata da un biglietto di ringraziamento. Penna e biglietto a cui tenevo molto, andati smarriti nei traslochi della vita. In quella scena al giornale non c’era Moschin. Ma l’ho incrociato (oltre che in varie interviste perché era un grandissimo anche del teatro e della televisione) sempre sul set di “Amici Miei atto II” al cimitero delle Porte Sante a San Miniato. Io seduto su una panchina intervistavo il produttore del film, il geniale De Laurentiis, e Moschin e gli altri amici giravano e rigiravano a poca distanza la scena in cui sbeffeggiano il vedovo (Alessandro Haber) che piange sulla tomba della moglie defunta.

Una donna che gli amici definiscono di facilissimi costumi. Moschin ora ha raggiunto da qualche parte gli altri dell’allegra e malinconica brigata. Ora la zingarata si puó fare al completo, non manca nessuno. Magari saranno già a progettare uno scherzo a quelli che da anni girano lo spot del caffè tra le nuvole o alle vittime innocenti del nuovo Buondì Motta. L’importante sarà che non tentino di rifilare qualche supercazzola con doppio scappellamento a destra a San Pietro. Con lui potrebbero non farcela. Caro Melandri, riposa in pace. Tanto ormai qui di voglia di scherzare non ce n’è più.