MICHELE BRANCALE
Cronaca

Agisce nel profondo il Documento sulla Fratellanza umana

Il messaggio dell'arcivescovo Gambelli e il segno di Prato per la Festa del Sacrificio

La cerimonia a Prato

La cerimonia a Prato

Firenze, 9 giugno 2025 – Sia l’arcivescovo di Firenze Gherardo Gambelli che il vescovo di Prato Giovanni Nerbini hanno espresso attenzione ai musulmani per la festa del sacrificio, che ricorda Abramo e la sua disponibilità all'offerta di sé e di suo figlio. Dio sospende il sacrificio, comprende il cuore di Abramo e ne porta a compimento la conversione, facendo trovare un ariete. L'offerta più vera è il cuore.

Gambelli ha inviato un messaggio alla comunità islamica, richiamandosi a quel documento fondamentale di Abu Dhabi sulla Fratellanza umana, la cui ricezione è in corso,  firmato dall’imam di Al Azhar Ahmad Al Tayyeb e da Papa Francesco e confermato da Leone XIV. La sua ricezione in corso, anche nell'Islam sciita.
Intanto a Prato il 30 marzo scorso il piazzale interno di San Domenico, a Prato, solitamente usato come parcheggio, è stato utilizzato dal Centro islamico bengalese come luogo di preghiera. In quella occasione a essere celebrata era la fine del digiuno che aveva accompagnato i fedeli nei giorni del Ramadan. Tutto, spiegano dalla curia, si svolse in modo pacifico e corretto e quando i rappresentanti della comunità decisero di incontrare il vescovo Giovanni Nerbini per ringraziarlo dell’opportunità accordata, lui scese in piazza Duomo e invitò i presenti a bere un caffè. L’immagine del gruppo, seduto a parlare in amicizia ai tavolini di un bar, fece il giro del web, suscitando numerose approvazioni e anche qualche critica.
«Abbiamo deciso di permettere loro di riunirsi e crediamo che questo gesto possa essere un atto di amicizia molto significativo nell’anno giubilare dedicato al tema della speranza», disse allora il vescovo che, con le stesse motivazioni, ha nuovamente accordato l’utilizzo di uno spazio, non adibito al culto, il piazzale dell parrocchia di San Domenico, alla comunità bengalese per la festa del Sacrificio, con le altre comunità presenti sul territorio, come quella pakistana e marocchina.
Per il coordinatore Mohammad Ajman Hossain "un bellissimo esempio di solidarietà e armonia, un gesto che
"riflette lo spirito di unità, rispetto e sostegno reciproco che rafforza la nostra città, ringraziamo ancora una volta la Diocesi, il Comune e la Questura per averci dato questa possibilità".
C'è dietro questi segni, qualcosa che rende conto di un cammino condotto in mezzo a mille difficoltà e alle incrinature, talvolta voragini, che feriscono il mondo, anche per il tramite delle semplificazioni addotte per giustificare i cosiddetti scontri di civiltà. Bisogna tornare proprio al Documento sulla Fratellanza per andare in profondità. Gambelli ha scelto non a caso alcuni passaggi significativi, su cui si addensa la consapevolezza di chi rigetta la violenza.
Il documento è del 2019 ma la sua forza è sorprendente anche alla luce (o, se vogliamo, per rischiare le ombre) del presente.
Gli esseri umani "uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità", chiamati "a convivere come fratelli tra di loro" e questi in nome "dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera"; in nome "dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante"; in nome "degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna"; in nome dei popoli "che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre".
Ma la fratellanza è lacerata "dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini".
In nome "della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa" e proprio in nome di Dio "i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”. Tutti possono dare il loro contributo in questo solco perché fiorisca il balsamo che cura e rimargina le ferite del mondo.