
Addio al Pugi, il signore della schiacciata. Pioggia di messaggi di affetto sui social
In tanti hanno legato almeno un ricordo alla schiacciata del Pugi: chi da piccolo veniva accompagnato dai nonni per fare merenda dopo la scuola, chi si ritrovava di fronte al forno per incontrarsi con gli amici o chi una volta assaggiata la sua schiacciata non ha più potuto farne a meno. Proprio per questo una volta saputo della morte di Marcello Pugi (foto), indiscusso re della schiacciata fiorentina, in tanti hanno voluto esprimere il proprio affetto sui social: “La migliore schiacciata di Firenze. Quando passavo davanti al suo forno si sentiva un profumo da leccarsi i baffi” e ancora “la schiacciata più buona in assoluto! La mia merenda per tanti anni. Ricordo c’era sempre la coda fuori dal negozio e ne sfornavano a ritmo continuo. Condoglianze una gran perdita per Firenze”. Una lunga tradizione che ha fatto innamorare i fiorentini dal lontano 1925, anno in cui fu inaugurato dal padre Lorenzo il primo forno a Campo di Marte. Nel 1951 la bottega fu ereditata da Marcello e dal fratello Gianfranco, entrambi giovanissimi ma desiderosi di continuare l’impresa avviata dal padre. La schiacciata del Pugi, dopo quasi un secolo, è diventata un’istituzione a Firenze.
"Quanta schiacciata all’olio ho sfornato? Tanta, tantissima, se la mettessi tutta insieme, ci potrei fare il giro del mondo": rideva con La Nazione due anni fa Marcello "ragazzo di 91 anni", come diceva allora di sè. E scivolava lentamente indietro, nel corso del suo tempo. E’ lui che ha dato una svolta alle nostre merende, togliendoci dalle grinfie fameliche abnormi focaccione gonfie, alte, dove i denti affondavano come nella gommapiuma. Marcello è stato il punto di svolta e di non ritorno.
Oltre "il Pugi" almeno per un ventennio, c’è stato solo "Il Pugi, senza se e senza ma. Marcello come l’ha pensata questa schiacciata all’olio? Gli chiedevamo: "Non l’ho inventata, l’ho modificata. Ho provato e riprovato ingredienti, finchè non ha raggiunto il palato come doveva. E quando ho trovato quel che volevo, mi sono fermato". Ed era riconoscenti di essersi trovato "a dover andare a bottega e imparare il mestiere. Sempre qui, in viale De Amicis dove dal 1925 abbiamo il solito forno. Ci vado tutte le mattine: alle 9,15 apro l’ufficio e controllo fatture, conti, dipendenti. Ma sopratutto i prodotti che debbono essere di qualità: siamo artigiani, si può cadere nell’errore".