REDAZIONE FIRENZE

A Prato il raduno delle comunità cattoliche cinesi presenti in Italia

E’ in programma il 4 maggio nella parrocchia dell’Ascensione al Pino, sede della comunità cattolica cinese di Prato

Lavoratori cinesi

Prato, 3 maggio 2023 – Spesso si parla della popolazione italiana senza considerare la sua reale composizione. La Toscana ha 3 milioni e 729 mila abitanti. Ebbene: oltre 425 mila sono «stranieri». Non si tratta di semplificare ma di prendere atto di una presenza che c'è e che, ad esempio, è abituale per i bambini che vanno a scuola.

Ci sono italiani e «nuovi italiani» e tra questi, con una storia più lunga rispetto ad altre provenienze, più di 64 mila cinesi, da una parte in perenne contatto con la madrepatria attraverso la rete e i social; dall'altra chiamati all'integrazione insieme a quelli che sono i loro concittadini. In mezzo la lunga pausa del Covid.

Possiamo dire che la Cina è un po' italiana (c'è un'attrazione non solo sotto il profilo degli interessi economici, lo dimostrano i dati del turismo pre-epidemia) e Prato e Firenze sono un po' cinesi.

Domani, nella parrocchia dell’Ascensione al Pino, sede della comunità cattolica cinese di Prato, il vicario generale della diocesi di Prato monsignor Daniele Scaccini e il cappellano della comunità cinese don Pietro Wang presenteranno il raduno delle comunità cattoliche cinesi presenti in Italia, che si terrà nella città toscana in occasione della quattordicesima giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, che ogni anno si tiene in una diversa città italiana.

A Prato le comunità cattoliche cinesi si sono riunite già nel 2012. La presenza cinese è una grande domanda, ma va colta con simpatia, tanto più dopo la stagione del Covid che ha spinto alla chiusura e alla diffidenza, talvolta radicalizzando alcuni atteggiamenti di diffidenza.

Sono 33 mila i cinesi a Prato, 23 mila a Firenze, 1700 a Pistoia, circa 1600 ciascuna a Pisa e Arezzo, con presenze significative anche nelle altre città. C'è il problema di avere figure che sappiano comunicare con la lingua (non di rado, più che il mandarino, dialetti delle zone di provenienza) per favorire, in termini ecclesiali, la comunione, e, più in generale, comprensione e integrazione. C'è da registrare la diffusione delle Chiese neopentecostali, come quella della croce rossa di Wenzhou.

E' una domanda e anche un'opportunità per affrontare il problema della «teologia della prosperità», molto diffuso tra queste Chiese, per cui Dio ti farebbe vedere che sei giusto se ti dà tanta ricchezza, con il rischio, ha sottolineato Papa Francesco, di voler creare attraverso dinamiche imprenditoriali una «Chiesa benestante per i benestanti, un Chiesa del benessere», contigua al capitalismo selvaggio, che toglie i poveri «dalla stuttura profetica stessa della Chiesa».

«Grande cosa è il lavoro, ma l’uomo è incomparabilmente più grande, l’uomo è sacro», disse Giovanni Paolo II ai lavoratori riuniti al Macrolotto nel 1986, e 29 anni dopo, dal pulpito di Donatello, Francesco affermò che «la tragedia dello sfruttamento e delle condizioni inumane di vita», nelle quali vivevano i sette operai cinesi morti nel rogo di via Toscana, non erano «lavoro degno».

Quel giorno Bergoglio invitò con forza a combattere fino in fondo «il cancro della corruzione, il cancro dello sfruttamento umano e lavorativo e il veleno dell’illegalità».

Ma questo è un problema per tutti. I cinesi mostrano una grande dignità. Nel presentare i dati su coloro che si sono rivolti alla Caritas per ricevere aiuto, i cinesi risultano pochissimi, se non praticamente assenti.

Michele Brancale