carlo casini
Cosa Fare

Sapori di settembre: giuggiole, nocciole, fichi... Ecco i sette frutti che puoi trovare nelle campagne toscane

Deliziosi frutti selvatici che nascono in boschi e campi o da trovare dall’ortolano: come, dove e curiosi aneddoti popolari

Comincia la vendemmia, mai provati gli acini appena colti? Sono deliziosi!
Comincia la vendemmia, mai provati gli acini appena colti? Sono deliziosi!

Firenze, 7 settembre 2023 - “Di settembre l'uva rende e il fico pende”: sono certamente loro due i protagonisti della cesta settembrina, ma il mese dai cieli più azzurri dell’anno è prolifico di frutta, e mica solo quella del supermercato e del fruttivendolo: i boschi donano prelibatezze che spesso vanno dimenticate nelle nuove generazioni e il fenomeno dell’abbandono delle campagne porta alcune vecchie coltivazioni a rinselvatichirsi e a non essere più raccolte da nessuno. Ci sono poi pure quelli che possiamo trovare ai bordi delle strade e nei parchi, che spesso finiscono inesorabilmente in terra al triste destino di essere pesticciati. E vogliamo sprecare tutte queste bontà?

Un elenco esaustivo sarebbe impossibile, tanti che sono, ma ecco quindi sette frutti di settembre che possiamo trovare non solo nei migliori ortofrutta, ma anche allo stato selvatico o rinselvatichito. Con tre avvertenze prima di tutto: primo accertarsi di aver assolutamente identificato il frutto che stiamo raccogliendo; secondo che esso sia in perfetto stato di salubrità e non si trovi su un terreno inquinato; terzo accertarsi assolutamente che quel frutto non si trovi su un terreno di proprietà, altrimenti la raccolta diventa un furto: piuttosto chiedete il permesso al proprietario, i toscani sono un popolo gentile e un fico da gustare durante la vostra passeggiata non ve lo negheranno!

Fichi

Partiamo proprio da lui, il dolcissimo fico, che è uno degli alberi simbolo del mediterraneo. Con più di 700 varietà e infiniti colori che virano dal verde al viola scuro, abbondano nei nostri giardini e non è raro trovarli anche allo stato selvatico, lungo le scarpate o persino vicino alle scogliere: insomma, dove è più difficile raggiungerlo, il fico pare far apposta a crescere. Una curiosità? In pochi sanno che i fichi, così abbondanti, si devono al paziente lavoro della Blastophaga psenes, più comunemente vespa del fico, un piccolo insetto che con l’albero ha un rapporto simbiotico, essendo l’unico impollinatore specifico.

Nella cultura popolare È importantissimo non cercare mai di arrampicarsi sull’albero per raggiungere i frutti più alto: il fico, nonostante l’aspetto possente, ha rami fragili che si spezzano d’un tratto. Non per nulla il modo di dire toscano “Cogliere i fichi in vetta” sta a indicare un’azione avventata, compiuta da qualche persona poco riflessiva che rischia conseguenze gravi pur di vantarsi con gli altri per un bottino tutto sommato di scarso valore.  

Fichi d’India

C’è poi il cugino esotico, ma solo per nome e forma perché in realtà di parentela non ce n’è nessuna: il fico d’India infatti appartiene alle cactacee (e non alle moraceae come il fico nostrano) e si vede, ma soprattutto si sente, con tutte quelle spine finissime. A dire la verità non è neppure d’India, perché le sue origini sono centroamericane, ma ben sappiamo che Colombo credeva di essere arrivato in altra meta; comunque ha ormai a pieno titolo cittadinanza italiana, tanto da essere diventato non solo pianta spontanea, ma addirittura infestante. Occorre fare perciò massima attenzione sia nella raccolta che nella sbucciatura e nel consumo, indossando protezioni adeguate. In Sud Italia, dove il frutto è particolarmente diffuso, per raccoglierlo in sicurezza si usa la cafittera, così chiamata per la somiglianza a una caffettiera con un lungo manico, che consente di prendere per incastro il frutto spinoso. Nelle agrarie più rifornite si può trovare anche da noi (altrimenti si può comprarlo online). Ma attenzione anche alla giornata che scegliete per la raccolta! Evitate i giorni ventosi, perché le spine sono talmente leggere che si staccano e volano facilmente. Altro accorgimento: occhiali protettivi da bricolage, manica lunga e mascherina, ché tanto ci sono avanzate dalla pandemia.

Nella cultura popolare

Sarà una dolcezza sudata, ma bisogna evitare di farne scorpacciate perché i semi tendono a conglobarsi e, specie in soggetti con sensibilità intestinali, possono portare gravi occlusioni. Non solo per completare un pasto con pochi soldi, ma anche per questo motivo, quindi, nella tradizionale cucina povera siciliana si mangia insieme al pane, che fa da barriera tra un seme e l’altro nel bolo intestinale.  

Uva

L’uva, l’altra grande protagonista della cesta settembrina. Come racchiuderla in poche righe? Oltre che a fermentare nei tini per fare il nettare degli dei, i dolci grappoli sono una prelibatezza al palato e non parliamo solo delle varietà da tavola, ma anche di quelle da vino. Oltre che nei vigneti, non di rado le viti in Toscana adornano pergolati, senza venir raccolte. E ci sono poi quegli anziani che, non riuscendo a tramandare la passione ai nipoti, non riescono più a prendersi cura del filare dietro casa: perché non farci avanti e farsi insegnare da chi sa, dando loro una mano? Che peccato lasciarla sprecare! Anche perché questo frutto è talmente benefico da aver una sua specifica dieta che si dice aver forti proprietà disintossicanti: l’ampeloterapia.

Nella cultura popolare

Il periodo migliore per mangiarla? Il 29 settembre, secondo la tradizione: “Per San Michele l’uva è come il miele”. E se non si arriva a prenderla dal pergolato? Non facciamo come la volpe della celebre favola di Esopo: ammettiamolo che ci interessa eccome.  

Noci

Anche le noci sono frutti settembrini – o meglio il gustoso seme di un frutto – che possono essere utilizzati in mille preparazioni: solo per citarne un paio, per condire trofie e pansotti alla maniera ligure, oppure come ripieno di torte tanto gustose quanto ipercaloriche, o per un croccante che ci riporterà i ricordi dei lunapark d’infanzia. I possenti alberi di noce raramente si trovano allo stato selvatico: è vero che talvolta nel bosco possiamo trovare dei giovani esemplari spontanei, ma molto raramente questi arrivano a essere adulti. Tuttavia può capitare di trovare degli esemplari abbandonati in campagne che si sono rimboschite, o talvolta anche ai bordi delle strade. Attenzione nella raccolta: le noci, per la loro naturale polverina nera, macchiano inesorabilmente gli abiti, usiamo vestiti vecchi a cui non teniamo! Per levare il nero dalle mani, i migliori rimedi se la saponata non basta, sono un cencio impregnato con un po’ d’olio, oppure l’aceto.

Nella cultura popolare

“Per Santa Croce (14 settembre) una pertica per noce”: si può iniziare la raccolta, classicamente fatta battendo i frutti con una pertica. Sotto i noci poi l’erba stenta a crescere: da qui è nata la credenza che di notte le streghe vi si ritrovino a fare i sabba, feste fatte di danze, orge immonde e riti magici, lasciandovi perciò un’aura malefica. In realtà il fenomeno è dovuto al fatto che il noce, per proteggersi da infestanti e piante competitive, secerne dalle radici dei blandi diserbanti naturali; è anche il motivo per cui i contadini nella tradizione non dormono né fanno pascolare gli animali sotto i noci, poiché quella sensazione di malessere che si può avere successivamente, attribuita agli incantesimi lasciati qui sotto, è in realtà a una possibile sensibilità a queste sostanze blandamente nocive. C’è chi ha proposto appunto una comune radice etimologica, tra noce e nocivo, tuttavia pur essendo entrambe le parole di derivazione latina, noce viene da “nux”, mentre nocivo da “nocere”.

Nocciole

Le nocciole sono un altro goloso frutto a guscio settembrino, che possiamo utilizzare così o parimenti per tante altre ricette: provate a sostituirle ai pinoli nel pesto (tanto per rimanere in tema di sughi liguri), oppure anche qui a farci il croccante o una squisita Nutella artigianale. Il nocciolo è un albero che si può facilmente trovare in natura, nelle campagne rinselvatichite oppure facilmente anche allo stato spontaneo: pur essendo una pianta asiatica si è abituata ai nostri boschi collinari e di bassa montagna, preferendo le parti più ombrose e i querceti. Quando si trova un nocciolo che ha “buttato”, in qualche ora faremo facilmente provvista per l’intero inverno, tanto sono prolifici. Scegliamo da terra i frutti che non appaiono grigi (sono le vecchie nocciole dell'anno precedente) oppure bacati e che non siano troppo attaccati alla bratta, ovvero la fogliolina-picciolo sopra, perché quelli saranno probabilmente immaturi.

Nella cultura popolare

“Se piove per Sant’Anna (26 luglio), perde la nocciola e vince la castagna”: forti temporali estivi possono staccare le nocciole, che sono già formate – “per Santa Maddalena (22 luglio), la nocciola è piena” – ma ancora non mature. Secondo la credenza popolare, in proposito di meteo, il nocciolo è anche in grado di prevederlo e aiutare gli amici del bosco: “Tante nocciole, tanta neve”, dice il proverbio di montagna; l’albero , per provvedere agli scoiattoli, ai fagiani e agli altri animaletti che si nutrono di sementa (umani inclusi!), quando sente che stanno per arrivare inverni particolarmente rigidi, provvede a offrirne una gran quantità perché si possa far scorte o scorpacciate prima delle carestie dei mesi più duri.

Giuggiole

Il giuggiolo è una pianta cinese (per questo la giuggiola è anche chiamata dattero cinese), che in passato fu ampiamente coltivata in Italia, anche perché oltre ai dolcissimi frutti veniva usata per proteggere orti e pascoli dall’intrusione di animali selvatici, visto che crea una fitta barriera di spine. A settembre si inizia la sua raccolta: i frutti più dolci sono quelli ben maturi, scuri e rugosi; quelli verdi invece, ancora non proprio maturi, assomigliano per gusto alla mela. Si possono preparare sciroppi, marmellate o conservarli sotto spirito per un fine pasto alcolico.

Nella cultura popolare

“Andare in brodo di giuggiole” è un usatissimo modo di dire che significa essere fuori di sé dalla contentezza, sciogliersi dalla felicità. Ma pochi sanno che il brodo di giuggiole è una bevanda che esiste davvero, in passato liquore che si concedeva soprattutto alle dame, culturalmente più propense agli elisir zuccherini; ne esistono tante ricette, la maggior parte prevede l’utilizzo del vino ma ci sono anche quelle per infusione idroalcolica; si realizza oltre miscelando sapientemente questi deliziosi frutti ad altri dolcissimi come le cotogne, lo zibibbo, l’uva, la scorza di limone.

More

I rovi danno i loro dolci frutti a partire da metà agosto e continuano per tutta l’estate. Le mani inesorabilmente bucate da tante spine nella raccolta sono ripagate da tanto gusto. Bisogna sempre fare attenzione ai rami ad altezza occhi quando le si colgono, ma anche alle vespe che come noi ne sono golose. Crescono un po’ da per tutto, spesso ai bordi delle strade e sulle scarpate, non di rado delimitano proprietà con funzione protettiva da animali e ladri e colonizzano facilmente i campi lasciati incolti. Scegliete le più grosse e succose, che facilmente troverete nelle zone dove è piovuto di più o nelle aree più umide (per esempio vicino ai ruscelli); dove il clima è più arido invece sono spesso rinsecchite e piene di detestabili semini. Mangiate con la panna montata o utilizzate per la marmellata sono due must, ma provate anche a sciropparle per poterle gustare durante l’anno… e con il loro sciroppo poi a fare dei gustosi e rinfrescanti ghiaccioli in questi ultimi giorni di caldo!

Nella cultura popolare “Rovo, di buona terra covo” è un proverbio toscano per insegnare che se si puliscono bene i campi infestati a lungo dai rovi, sotto si troverà una terra buona per coltivare, grassa, umida e ricca di sostanze nutritive.