Cosa c'è dietro la "nuova Idea Russa" di Putin

Il conservatorismo russo nell'analisi del diplomatico Luca Gori

Il presidente russo Vladimir Putin

Il presidente russo Vladimir Putin

Firenze, 2 marzo 2022 - Gli eventi delle ultime ore dovrebbero ormai aver reso evidente a tutti che la crisi dell’ordine liberale internazionale non è solo un esercizio di speculazione per studiosi. La “fine della storia”, tanto attesa e profetizzata, si è rivelata essere un’illusione ottica o, quantomeno, un macroscopico errore analitico da parte di gran parte delle classi dirigenti occidentali e di numerosi intellettuali. Ma cosa accade quando la storia invece di “finire” ritorna? È davvero solo un caso il ritorno delle forze materiali della storia che stiamo assistendo? C’è qualche idea che può aiutarci a capire?

Luca Gori, diplomatico di carriera, ci offre un’interessante prospettiva e una convincente analisi sulla base del caso russo nel suo “La Russia eterna. Origini e costruzione dell’ideologia post sovietica” pubblicato per Luiss University Press. Il caso russo è particolarmente interessante per la sfera d’influenza del soft-power putiniano, tema che più volte affrontato anche dalla saggistica recente. Per colmare il vuoto politico e ideologico lasciato dalla caduta dell’Unione Sovietica Putin ha scelto di perseguire una strada identitaria ben precisa da contrapporre all’Occidente: “Ha favorito cioè la nascita di una nuova Idea Russa che permettesse a Mosca di intraprendere un percorso di sviluppo nazionale e indipendente, esaltando la sua unicità storico-culturale”.

La parabola russa, analizzata tenendo conto degli sviluppi ideologici del conservatorismo proprio di quel Paese, è inquadrata da Gori con un approccio interdisciplinare che riesce a combinare il realismo del diplomatico con le riflessioni teoriche (e letterarie) che sarebbero tipiche di uno studioso accademico. È così possibile incontrare i nomi e le storie dei protagonisti dell’elaborazione di una risposta alla modernità che in Russia ha assunto una connotazione conservatrice e anti-occidentale. Come sottolinea Gori, il conservatorismo russo va compreso nel suo contesto e con delle categorie politiche che non sono sempre necessariamente quelle applicate in Occidente. Il conservatorismo russo infatti “ha sempre accompagnato il percorso di sviluppo della Russia, offrendole un “rifugio” ogni qual volta si è sentita minacciata dall’esterno o messa sotto pressione da spinte riformiste interne di segno ‘eccessivamente’ liberale”. Per comprendere le peculiarità dell’approccio russo, occorre quindi soffermarsi sulla storia e la cultura del Paese e sulle idee dei protagonisti dello sviluppo di una tradizione politica. Il nucleo di tale approccio è costituito da un rifiuto della modernità proposta dall’Occidente liberale ed individualista e da un’enfasi posta sui principi di sovranità e non ingerenza negli affari interni. È una risposta “esistenziale” alla domanda huntingtoniana “Chi siamo?” nel nome di “sovranità, identità, ortodossia e retorica anti-occidentale”.

Questo approccio ha delle conseguenze concrete anche immediatamente verificabili: basta pensare ai rapporti fra ordinamento giuridico russo e sistema per la tutela dei diritti umani: proprio in questi anni la Corte costituzionale russa ha sancito la preminenza della legge nazionale sul diritto della Convenzione europea dei diritti umani portando la crisi russa al cuore del sistema europeo multilivello di tutela dei diritti. Non è un caso che questi temi vengano riproposti proprio in questi giorni da Paesi anche molto ostili a Mosca, ma che condividono importanti elementi del suo approccio ideologico conservatore fondato sulla critica all’ordine internazionale liberale. La frattura è tuttavia ancora più profonda e va oltre il dato meramente giuridico. Come ben sintetizza Gori illustrando il pensiero di Nikolaj Berdjaev, uno degli autori di riferimento del conservatorismo russo, lo scontro oppone una: “visione metafisica del mondo contrapposta in modo radicale a un Occidente postmoderno, che si è emancipato dal divino, regredendo ad una civiltà senza Dio”.

Con il suo lavoro Gori riesce a farci entrare al cuore di questo scontro che molti autori ed intellettuali occidentali sembravano aver rimosso dal loro orizzonte d’interessi. Nella sua premessa Gori sottolinea come: “Ai tempi di Tik Tok, dedicarsi al mondo lento e passatista del conservatorismo russo può risultare una divagazione intellettuale difficile da spiegare, e ancor più da accettare. Ne sono perfettamente consapevole e me ne assumo ogni responsabilità”. I fatti delle ultime ore testimoniano, invece, della profondissima attualità del contributo di Gori.